giovedì 16 luglio 2020

RECENSIONE UNDERGROUND (LIBRO) - MURAKAMI


TITOLO: Murakami
AUTORE: Underground
EDITORE: Corriere della sera

Ciao a tutti lettori! Oggi ho deciso di parlarvi di “Underground” di Murakami.

Non tutti sanno che nel 1995 ci fu un attentato multiplo nella metropolitana di Tokyo in Giappone. Dico multiplo perché sono più di una le linee metropolitane ad essere state colpite. Gli autori dell’attacco erano adepti al culto religioso Aum, i quali diffusero all’interno dei vagoni una sostanza chimica altamente velenosa il sarin, uccidendo alcune persone e intossicandone gravemente molte altre migliaia. Murakami cerca di ricostruire la vicenda attraverso alcune interviste raccolte da lui stesso negli anni immediatamente successivi al fatto. Nella prima parte del libro sono raccolte tutte le interviste fatte alle vittime dell’attentato o ad alcuni familiari, mentre nella seconda parte Murakami andrà ad intervistare persone affiliate alla setta.

Come avrete già intuito, questo libro non è un romanzo ma una raccolta di interviste. Non troverete nulla di inventato o romanzato. Le interviste sono molto dettagliate, infatti Murakami inizia ogni intervista raccontando prima ciò che svolge nella vita la tal persona, la sua carriera, dove vive e tutto il resto. Tutto ciò è bellissimo ed interessante per le prime 5 interviste, poi il libro purtroppo tende ad essere prolisso: le linee colpite sono più di una e per ognuna di essa ci sono almeno 6-7 interviste, dove i personaggi a lungo andare tendono a raccontare sempre le stesse cose. Questa è un po' la pecca del libro, ma non mi viene da considerarla davvero come tale perché comunque io non sono nessuno per giudicare il vissuto di una vittima di attentato più interessante rispetto ad un’altra.

Una cosa che mi ha davvero colpita è sicuramente il modo e i termini che ha utilizzato chi ha subito questo attentato. Quasi tutti infatti, se non addirittura proprio tutti, dicono di non provare rabbia per l’accaduto e nemmeno odio per chi ha commesso questo fatto; secondo loro infatti, provare sentimenti negativi non avrebbe cambiato nulla ma solo fatto perdere altro tempo. A dirlo erano anche persone fortemente intossicate dal veleno e che all’epoca dell’intervista seguivano ancora delle cure. Devo ammettere che questo modo (secondo me molto orientale) di affrontare la faccenda mi ha stupito molto. Forse perché sono sempre stata abituata a vedere che dietro ad ogni accettazione del trauma, c’è in realtà un lavoro molto complesso che dura anni o che comunque ad una brutta azione corrisponda un sentimento negativo, che invece qui sembra essere attenuato. Sono rimasta molto sorpresa, in positivo ovviamente e ho iniziato a chiedermi come avrei reagito io….CERTO NON COSI’!

Mi ha fatto piacere leggere anche le interviste agli altri membri del culto con i quali però ho fatto una notevole fatica ad entrare in empatia per ovvi motivi e che non ho compreso forse fino in fondo.
Un’altra cosa che mi ha sorpreso è stato il tono pacato con cui sono state riportate le interviste e i fatti, quasi come se non si stesse parlando di temi seri e tristi, ma di una cosa qualunque. Lo definirei comunque un pregio e mi complimento decisamente con Murakami per il lavoro svolto perché è sempre bene o male riuscito a mantenere una posizione neutrale.

Arrivando al succo, mi è piaciuto? Si mi è piaciuto. Non sapevo nulla sull’argomento, non sapevo dell’esistenza di questo culto e di questo attentato quindi ero davvero curiosa di scoprirne di più. Non lo consiglio tuttavia a tutti: in primis a chi non interessa l’evento e a chi vuole leggere un romanzo (specifico di nuovo che i fatti riportati sono realmente accaduti). Tenete presente che non è esattamente un opuscolo, ma parliamo di circa 500 pagine, quindi se il genere non vi interessa farete fatica a leggerlo.

lunedì 29 giugno 2020

RECENSIONE LE FACCE DELLA MENZOGNA (LIBRO) - MARIANO FONTAINE

TITOLO: Le facce della menzogna
AUTORE: Mariano Fontaine
EDITORE: Prospettiva editrice

"La mia volontà era diventata un ricordo sbiadito."

Ciao a tutti lettori, si facciano avanti gli amanti del genere thriller perché oggi vorrei parlarvi de “le facce della menzogna” di Mariano Fontaine. Ringrazio nuovamente l’autore per avermelo inviato.

Dave McCage, un criminale affetto da un disturbo da personalità multiple e da poco evaso di galera, si aggira spavaldo tra i quartieri più squallidi di Boston, in mezzo a tossici, criminali e prostitute. Sulle sue tracce c'è l'agente federale Smith, un uomo grezzo la cui vita privata si sta lentamente sgretolando a causa della scomparsa della moglie, ma comunque disposto a tutto pur di incastrarlo.

"Le facce della menzogna" è un thriller psicologico dalle marcate connotazioni pulp che coinvolge il lettore all'interno di una trama intricata e complessa. La narrazione è sempre in prima persona e saranno i vari personaggi del romanzo a prendere voce a turno. Devo ammettere che questa impostazione mi ha un po' confusa: specialmente all’inizio, quando non si ha ancora dimestichezza con i personaggi del romanzo, ho avuto qualche difficoltà a capire chi avesse preso la parola in quel determinato frangente, difficoltà che però si è esaurita nel momento in cui sono entrata più in sinergia con il romanzo. Anche le linee temporali si alternano, raccontando talvolta il passato o il presente. In questo caso ho apprezzato particolarmente che i ricordi di Dave riguardo la sua infanzia, fossero riportati in un font diverso, così da capire subito quale filone temporale si stava raccontando in quel momento, altrimenti la narrazione sarebbe stata ancora più caotica.

I temi trattati sono molti e tutti abbastanza crudi: si parla di droga, di prostituzione e soprattutto di omicidi i quali vengono descritti nel dettaglio. Le descrizioni dei luoghi sono particolarmente curate, perciò è davvero facile calarsi nell’ambientazione e percepire il malessere in cui si trovano a vivere i personaggi stessi, esaltato anche dalla scelta del linguaggio duro e spinto. Questo è sicuramente un punto a favore dell’autore.

La trama è intricata ma comunque trasparente, cioè il lettore è a conoscenza degli avvenimenti di entrambe le fazioni, sia di quella del criminale Dave, che si racconterà in ogni minimo dettaglio, sia dell’agente Smith. E’ una tecnica narrativa che può piacere o non piacere, ma senza farvi spoiler, vi assicuro che le sorprese non mancano. Anche se sappiamo benissimo chi è il criminale, ci saranno altrettanti colpi di scena da scoprire, uno di questi è proprio il finale, che è davvero inaspettato.
Il romanzo si esaurisce in circa 150 pagine e questa è un po' una pecca secondo me: l’autore infatti mette tanta carne sul fuoco e nel momento in cui la trama arriva al suo culmine, il libro finisce. Questo è un vero peccato, perché secondo anche con solo 50 pagine in più, certe dinamiche sarebbero state approfondite un po' di più.

Lo consiglio agli amanti del thriller, specialmente a sfondo psicologico. Visto il finale sarei curiosa di sapere se c’è l’intenzione di un sequel, chissà.

sabato 27 giugno 2020

RECENSIONE PIGMEO (LIBRO)- CHUCK PALAHNIUK


TITOLO: Pigmeo
AUTORE: Chuck Palahniuk
EDITORE: Mondadori

“La vera intelligenza viene fuori quando smetti di citare gli altri”.

Ciao a tutti lettori, oggi ho deciso di parlarvi di “Pigmeo” dell’autore Chuck Palahniuk. Preparatevi perché è sicuramente un libro particolare.

La trama è la seguente: l’agente numero 67, o “Pigmeo” come lo chiamano gli altri, è un ragazzino straniero che approda negli Stati Uniti nell’ambito di un programma di scambio tra studenti, insieme a molti altri suoi concittadini. Tutti quanti vengono inseriti in famiglie ultracattoliche bianchissime che rientrano (almeno in apparenza) nello stereotipo della famiglia felice del mulino bianco. Quello che queste famiglie non sanno è che in realtà stanno ospitando sotto il loro tetto dei terroristi, arrivati in America solo con la scusa di uno scambio scolastico, ma con l’intenzione di compiere un attentato. Lungo i capitoli (che altro non sono che dei resoconti trascritti da Pigmeo in prima persona e diretti al suo quartier generale) scopriremo che lui e gli altri agenti sono stati educati dai loro superiori con un odio spietato ed esagerato nei confronti degli americani. 

Ovviamente Palahniuk sfrutta questa trama per ricavarne una satira della società americana di oggi: tanto razzismo, celato ovviamente sotto a kg e kg di finto buonismo, violenza, consumismo e fondamentalismo religioso. Certe scene sono talmente ciniche e ridicole tanto che risulta difficile non lasciarsi andare a qualche bella risata.

I personaggi, così come il resto della trama, sono caricature che rispecchiano pienamente un qualche tipo di stereotipo: avremo il bullo di scuola che in realtà ha avuto solo un’infanzia difficile, la casalinga perfetta che nasconde oggetti erotici nello scantinato e pensiamo allo stesso Pigmeo, il classico straniero che proviene da uno stato totalitario e fatalità è un terrorista. Quindi gli stereotipi ci sono tutti e anche se un po' banalotti, vengono resi in modo così caustico e simpatico da far scappare una risata a chiunque.

Arriviamo alla grande pecca (nonché genialata) di questo libro: il modo in cui è scritto. Il linguaggio è stentato, come quello che dovrebbe essere effettivamente il modo di parlare di un ragazzo straniero appena approdato in un nuovo paese. Il fatto che oltretutto debba essere un report, lo rende ancora più schematico. Sicuramente è un dettaglio originalissimo, non ho letto altri libri scritti in questo modo, sicuramente esistono ma non è una metodica così frequente. Aiuta a calarsi nella trama, questo sicuramente, perchè a tratti è come se il lettore sentisse parlare Pigmeo davanti a sé, ma (e questo è un grandissimo MA) rende davvero difficile la lettura. Ho letto in internet di tante persone che sono arrivate a circa 60 pagine e poi hanno abbandonato il libro. Devo essere onesta: ho pensato anch’io di abbandonarlo ma la trama a mio parere merita e mi sono imposta di andare avanti e terminarlo. Non potevo fare scelta migliore anche se probabilmente non ho capito proprio tutto.

Comunque sia la trama è ben sviluppata e piuttosto dinamica, incuriosisce il lettore fino alla fine. Il linguaggio è spinto ma questo è abbastanza tipico dell’autore, noto per non lasciare davvero nulla all’immaginazione. È sicuramente un romanzo che non annoia.

Quindi, tirando le somme, il libro mi è piaciuto? Si, il libro mi è piaciuto, anche se ha richiesto un certo sforzo in termini di concentrazione. Ho riso tanto e credo che questo sia decisamente un punto a favore dell’autore. Non è un libro che consiglio a tutti: il linguaggio spinto può non piacere e il modo in cui è scritto anche. Non tutti hanno voglia di concentrarsi così tanto per leggere un libro. Se vi interessa Palahniuk come autore, vi consiglio di leggere prima qualche altro titolo e poi di provare con questo.

giovedì 25 giugno 2020

RECENSIONE IL MOMENTO E' DELICATO (LIBRO)- NICCOLO' AMMANITI


TITOLO: Il momento è delicato
AUTORE: Niccolò Ammaniti
EDITORE: Einaudi

Ciao a tutti lettori, oggi ho deciso di parlarvi de “il momento è delicato” di Niccolò Ammaniti.
In questo caso non c’è da dire molto sulla trama perché il libro è una raccolta di racconti brevi. I temi trattati sono i più disparati ma comunque pienamente in stile Ammaniti: troviamo dei personaggi bizzarri calati in ambientazioni altrettanto particolari, ai limiti del reale. Un esempio può essere il racconto su un senza tetto volgarotto che per caso incontra per strada la diva dei suoi sogni erotici che cerca di sedurlo che termina in un finale a dir poco inaspettato. Troviamo però anche racconti horror che finiscono nel splatter, racconti fantascientifici e non mancano nemmeno i racconti a sfondo umoristico, quindi diciamo che all’interno di questo libro c’è di tutto un po'.
Chi mi segue da un po' o chi mi conosce comunque sa bene quanto io sia affezionata a quest’autore, c’è un unico libro che non mi ha entusiasmato ed è proprio questo. Ammaniti è noto per costruire scenari particolari con personaggi altrettanto anormali, tuttavia si intuisce sempre la morale o il malessere sociale e culturale a loro annessi. Qui non c’è, certo è ovvio non tutti i libri devono avere una morale o esprimere un qualche disagio sociale, ma in questo caso davvero i racconti non mi hanno trasmesso niente, a eccezione di 2 o 3. Spesso, addirittura, mi è sembrato che si finisse in scenari splatter così, totalmente a caso, senza una vera e propria motivazione dietro.
Nota positiva: bellissima prefazione dell’autore, dove spiega perché ha dato questo titolo al suo libro e racconta tutta la trafila infinita che ha dovuto subire prima dare alla luce questi racconti. Non è la prima volta che sento di un autore che ha passato l’inferno prima di pubblicare dei racconti brevi e anche nella mia cerchia di amici così come su instagram, sento spesso un astio per le raccolte di racconti, secondo me inspiegabile, dato che contrariamente io le adoro. Le raccolte di racconti sono mie compagne fedeli soprattutto in estate, quando sono stesa sotto l’ombrellone nella pausa tra una passeggiata e una capatina al bar; perché portarsi appresso un mattone infinito dove interrompere ogni due per tre la lettura, quando è possibile gustarsi un racconto di poche pagine, magari con un ottimo finale? Ecco che qui però arriva una grande premessa: devono essere interessanti!
Quindi in sostanza il libro mi è piaciuto? Non molto e questo è un vero peccato.

martedì 23 giugno 2020

RECENSIONE LA STRADA (LIBRO) - CORMAC MCCARTHY


TITOLO: La strada
AUTORE: Cormac McCarthy
EDITORE: Einaudi 

"E' così che fanno i buoni. Continuano a provarci. Non si arrendono mai."

Ciao lettori, oggi si torna a parlare di libri e in particolare di scenari post-apocalittici: è infatti arrivato il momento di parlare de “la strada” di Cormac McCarthy.

La trama è molto semplice: siamo in America e un uomo e un bambino (i loro nomi non saranno mai pronunciati) sono in cammino verso sud spingendo un carrello lungo una strada con le poche cose che gli sono rimaste. Circa 10 anni prima il mondo ha iniziato a disintegrarsi, diventando di fatto un luogo buio, freddo e grigio. Le poche persone sopravvissute sono o bande di predoni cannibali o disperati (non che far parte di una delle categorie escluda l’altra).

Sebbene la trama sia abbastanza semplice e lo spessore piccolo, “la strada” è un romanzo intenso che tiene il lettore incollato alle pagine con la speranza di un lieto fine (ho mai letto libri con lieto fine?!). Lo stile dell’autore è sicuramente essenziale, ci basti pensare che i personaggi non hanno nemmeno un nome. Ma, pensandoci bene, a cosa serve un nome in un mondo devastato dove l’umanità sta per scomparire? Trovare cibo è più urgente. Trovare medicinali è essenziale. Sopravvivere è la cosa importante, nient’altro. Ecco quindi che le descrizioni si ripetono così come i dialoghi e le vicende stesse dei personaggi. Potrebbe essere altrimenti, dopotutto, in un mondo dove non esistono più mestieri, hobby, o altro di simile? Tutti i capitoli si assomigliano esattamente come le giornate dei nostri protagonisti che hanno come unico scopo quello di sopravvivere alla giornata. Se da un lato questo potrebbe far annoiare il lettore, dall’altro lo cala esattamente all’interno della storia. Ci sono stati più momenti infatti in cui non mi sono sentita una semplice spettatrice della vicenda ma il libro mi ha coinvolta fino a farmi riflettere davvero su cosa avrei fatto io al loro posto: siamo in un mondo che sta per finire, gran parte degli esseri viventi sono estinti e l’uomo temo che sarà irrimediabilmente uno di questi e non si parla di possibili soluzioni. Ha davvero così tanto senso continuare ad esistere? Per continuare giorno dopo giorno a sopravvivere e basta? Anche i protagonisti del romanzo si troveranno più e più volte a discuterne, anche perché, intorno a loro, tantissime altre persone hanno scelto di farla finita. Quindi più volte anch’io nel corso della lettura, mi sono ritrovata a farmi le loro stesse domande; un punto sicuramente a favore per l’autore.
Le descrizioni dell’ambiente sono comunque originali e molto dettagliate: c’è un uso predominante del colore grigio, colore della cenere che ovunque sovrasta il paesaggio. Persino la neve, per chiunque simbolo di candore, qui è sporca e grigia. Tutto questo non fa altro che aumentare l’ansia e l’angoscia associata ai protagonisti ma anche nel lettore, tanto che risulta difficile anche solo immaginare che gli eventi possano ottenere dei risvolti positivi.

Sono molte tuttavia le domande a cui non otterremo risposta nel corso della lettura: ad esempio non viene mai esplicitamente detto come il pianeta sia arrivato in questa situazione e gli unici indizi che riceveremo derivano unicamente dai ricordi dell’Uomo (il padre del bambino appunto). Anche il finale, in un certo senso, si può definire “aperto”. E’ bello lasciare un margine di fantasia al lettore ma personalmente avrei apprezzato qualche dettaglio in più.

Dal libro è stato tratto l’omonimo film “the road” in inglese, disponibile anche su netflix. Ammetto di aver visto prima il film e dato che mi è piaciuto particolarmente ho deciso di leggere anche il libro.
Non nascondo che il libro mi ha un pochino delusa per lo stesso motivo che ho scritto sopra: speravo davvero che si facesse riferimento ad alcuni fatti che nel film vengono solo accennati, convinta che fossero semplicemente stati omessi dal regista. Comunque sia se vi piace il genere, ve lo consiglio e vi consiglio anche il film. Lo stile dell’autore mi è piaciuto molto tanto che penso di leggere altri suoi libri.

giovedì 18 giugno 2020

PRIMO DIARIO DI BORDO: PARIS JE T'AIME


Sono stata a Parigi in tutto 3 volte, l’ultima volta ad aprile dell’anno scorso, e che dire, sto già programmando la quarta! Questa città piena di colori mi ha rubato il cuore e sono qui oggi per raccontarvi un po' il perché! E’ la prima volta qui sul blog che racconto dei miei viaggi (spero sia solo l’inizio di un’abitudine che continuerà) quindi spero di essere abbastanza chiara e più dettagliata ma allo stesso tempo concisa possibile. Ho deciso di prendere come esempio per voi il mio ultimo viaggio, avvenuto appunto a Pasqua dell’anno scorso, dato che è stato anche il più lungo: 6 giorni!!
Se Parigi è una destinazione che avete in programma o anche semplicemente nella vostra wishlist dei luoghi da visitare, rimanete con me e vi prometto che non rimarrete delusi!
              
GIORNO 1: PARTENZA- ARRIVO- MONTMARTRE

Partiamo da Bologna con un volo Raynair acquistato strascontato molti mesi prima (sui 50 euro a testa a/r, visto il periodo festivo direi niente male) e arriviamo all’aeroporto Beauvais in tarda mattinata. Per raggiungere il centro di Parigi occorre prendere una navetta, ma le partenze sono molto frequenti e in meno di un’ora siamo già arrivati (CONSIGLIO: per risparmiare tempo e file, potete tranquillamente prenotare i biglietti sul sito online). Il modo per muoversi più velocemente all’interno di Parigi è la metropolitana, davvero ben strutturata e con moltissime linee. (CONSIGLIO! Diffidate da chi si avvicina a voi in metropolitana dicendovi che vuole aiutarvi a fare il biglietto: sono moltissime le truffe di questo tipo che vi faranno non solo perdere soldi ma anche la gioia di essere finalmente in vacanza. Noi ne abbiamo scampata una appena arrivati in città. Se non riuscite a farvi il biglietto alle casse automatiche, recatevi alla biglietteria. Se vi piace spostarvi in metropolitana comunque, vi consiglio di usufruire dei carnet multi-corsa). Un modo decisamente originale per muoversi inoltre, è l’uso dei monopattini elettrici: basterà scaricare un’app.
Arrivati a quello che sarà il nostro appartamento per i prossimi 6 giorni (preparatevi agli spazi parigini: striminziti ma super cool), lanciamo valige e borsoni vari per correre a pranzare ed esplorare subito la città (per me era la terza volta è vero, ma per il mio fidanzato la prima quindi era tutto una scoperta). Decidiamo di passare il pomeriggio nel quartiere del nostro appartamento: Montmartre.
Quartiere rialzato nella zona nord di Parigi, Montmartre trasuda romanticismo da tutti i pori. Pranzo veloce con una meravigliosa crepes salata (vi consiglio di assaggiarle almeno una volta, sono un pasto cheap e sostanzioso ma cercate di preferire locali meno turistici che le cucinano al momento, il mio preferito è la Creperie a Montmartre) e siamo pronti a perderci nelle meravigliose vie di questo quartiere. Da non perdere la via degli artisti, dove troverete pittori e artisti appunto di ogni genere, sempre ben disposti a chiacchierare con i turisti e a proporsi per realizzarvi un bellissimo ritratto o caricatura (alcuni hanno ottimi prezzi, potrebbe essere l’occasione per un souvenir davvero originale).  Al termine della via che domina Parigi dall’alto, si impone la basilica del sacro cuore (sacre coeur): anche qui vale assolutamente fare un breve visita all’interno. Le vie per arrivarci in realtà sono molteplici: è possibile arrivarci proseguendo lungo la via degli artisti, salendo le scalinate di fronte alla basilica (sconsigliatissime agli oziatori seriali) o con la funicolare. Un altro luogo molto caratteristico di questo quartiere è anche il muro “del ti amo” (mur je t’aim), nascosto all’interno di un piccolo giardinetto. A Montmartre sicuramente non mancano negozietti e boutique particolari e nemmeno bar e ristoranti ma, la nostra scelta per la cena ricade su “Le Refuge des Fondus”. Questo ristorante è una vera istituzione qui a Parigi e non manca mai nella mia lista quando organizzo un viaggio in zona. Amate la fonduta? Perfetto! Non amate la fonduta? Andate altrove, si perché la vera specialità del locale (o meglio l’unica cosa che servono oltre ad un simpatico aperitivo) è la fonduta, sia di carne che di formaggio. Conoscete poi un modo più originale di bere il vino se non all’interno di bellissimi biberon in vetro?! Insomma, se cercate un ristorante assurdo e decisamente sopra le righe dove gustare un ottimo piatto tipico francese ad una cifra più che onesta, questo è il posto che fa per voi (ATTENZIONE alle gentil donzelle verrà probabilmente chiesto di scavalcare il tavolo per potervi sedere dall’altro tavolo. Ma fa tutto parte del gioco no?!). Brilli e felici, ci godiamo una passeggiata abbastanza alternativa lungo la strada luminosissima di Pigalle, anche detto il quartiere a luci rosse. Proseguendo dritti lungo la via principale ci troviamo di fronte al Moulin Rogue, che vale la pena vedere di sera tutto illuminato.

GIORNO 2: MUSEO, MUSEO, MUSEO…GIARDINI DE TUILIER E SHOPPING SUGLI CHAMPS ELYSSE

Il secondo giorno ci svegliamo carichi per fiondarci in una mattinata tutta a sfondo culturale. Mentre io rientro ancora a pieno diritto nell’età che ancora garantisce l’esonero dei ticket (a Parigi gli under 25 infatti entrano gratis in quasi tutti i musei) il mio fidanzato “anziano” acquista la carta pass musei, che gli permette così di risparmiare una cifra notevole su tutti gli ingressi. Il primo è il museo de l’Orangerie, dimora di alcuni famosi e stupendi dipinti di Monet che ritraggono le sue affezionate ninfee. Terminata la visita è indispensabile una tappa “relax” ai bellissimi giardini di Tuileries, dove con l’arrivo del caldo, vengono posizionate una serie di sedie sdraio intorno alla fontana principale, sulle quali turisti e parigini si rilassano in cerca di frescura. Vi consiglio inoltre di assaggiare un gelato o un dolcetto dal furgoncino itinerante della famosa pasticceria Angiolina. Dopo un pasto rapidissimo e salutare da “Maisie Cafe”, è giunto il turno del Museo D’Orsay, noto per le collezioni impressioniste e post-impressioniste e per il particolare edificio che le ospita. Consiglio di munirvi di una lista di cose da vedere: l’ambiente è abbastanza caotico. Terminata la visita decidiamo di aver visto decisamente abbastanza musei per un giorno solo e ci dirigiamo verso gli Champs-Elysees per fare un po' di shopping tra i negozi. In fondo alla via, ci prendiamo giusto il tempo di scattare qualche foto all’Arco di Trionfo e torniamo verso il nostro appartamento.  Siamo decisamente stanchi e abbiamo camminato tutto il giorno. Quale occasione migliore per provare una delle invitanti rosticcerie etniche di Montmartre?! Cena gustosa e low cost da gustare scalzi e distesi a letto in appartamento…che meraviglia!

GIORNO 3: LOUVRE, MAIRES E MUSEO POMPIDOU

Il terzo giorno mettiamo la sveglia ad un’ora indecente per essere sicuri di non fare una fila scandalosa per entrare al Louvre. In realtà le code qui sono sempre abbastanza scorrevoli, complice il fatto che ci siano molteplici ingressi, ma arrivando per l’apertura si ha comunque la possibilità di evitare la ressa. Consiglio: scegliete prima le cose che vorreste vedere e controllate la giornata più giusta per fare visita al museo. Infatti non tutte le collezioni sono visibili tutti i giorni e noi lo abbiamo scoperto a nostre spese: purtroppo non siamo riusciti a fare la visita completa del reparto egizio poiché in quella giornata l’ala delle mummie era chiusa al pubblico e purtroppo il mio fidanzato ha perso quest’occasione. Selezionare in anticipo le opere da vedere vi permetterà inoltre di organizzarvi una visita ordinata e sarete sicuri di vedere tutto ciò a cui siete interessati: qui dentro si rischia davvero di perdersi! Per pranzo torniamo a Montmartre per gustarci un Croque madame e un Croque monsieur al Coquelicot (consigliato anche per le colazioni ma attenzione al personale non sempre garbato) e discutiamo sul da farsi. Decidiamo di rimetterci in viaggio verso il quartiere Marais, fulcro della vita universitaria e giovanile. Se Montmartre rapisce per l’atmosfera romantica, Le Marais cattura per la vivacità e modernità che trasudano da ogni edificio. A proposito di modernità, è proprio il Museo Pompidou la nostra destinazione successiva. E’ un museo mooooolto particolare e sono cosciente del fatto che possa non piacere a tutti, l’edificio stesso vi darà un forte indizio, tuttavia io consiglio di farci un salto. All’interno sono presenti davvero tante collezioni di arte moderna ed alcune installazioni sono davvero interessanti. Non mancano inoltre alcune chicche come la terrazza con le sculture e le fontane e numerose altre terrazze da dove ammirare una bellissima vista di Parigi dall’alto. Trascorrere la serata in questo quartiere è una buona occasione per scoprire locali alternativi e giovanili, noi optiamo per un delizioso piatto libanese al ristorante Tilal (un altro locale vi consiglio è il Baoli Bao).

GIORNO 4: VERSAILES, TOUR EIFFEL E RODIN

Ci svegliamo ed è la mattina di Pasqua, quale giornata migliore per fare visita alla reggia di Versailles? Raggiungerla è semplicissimo: basta prendere la RER (ferrovia francese) e in circa 30 minuti ci siamo! A questo punto però decidiamo di fare visita solo ai giardini esterni della reggia: io l’avevo già vista nel mio primo viaggio a Parigi e al mio fidanzato non interessava perciò l’abbiamo saltata. I giardini sono splendidi e vi consiglio di tenere a bada il sito internet della reggia, infatti una volta arrivati abbiamo scoperto che per la festività in questione era stata organizzata una giornata speciale all’interno del parco: danze di fontane su pezzi di musica classica e l’apertura straordinaria di alcune zone solitamente chiuse al pubblico. Come veri tamarri italiani in vacanza, ci gustiamo una baguette alla mortadella nelle panchine del parco, vista fontana. Sulla strada di ritorno alla ferrovia, ci imbattiamo in un carinissimo mercato di paese proprio a Versailles. Una volta rientrati a Parigi, decidiamo di fermarci nella stazione della RER posizionata proprio sotto la Tour Eiffel. Anche qui decidiamo di non salire sulla torre ma piuttosto di goderci un po' di meritato relax nei giardini di Marte, rimirandola da un po' più lontano (sono salita sulla torre sempre durante il mio primo viaggio a Parigi, sicuramente merita la vista dall’alto ma vi consiglio di prenotare in anticipo i biglietti oppure armarvi di molta pazienza). Sui Giardini di Marte è possibile fare anche piccoli pic nic. Dopo una breve pennichella ci incamminiamo verso il Museo Rodin. Questo museo non è sicuramente grande come gli altri che abbiamo visitato ma racchiude delle opere molto belle e anche la visita è ben organizzata. Sebbene di solito non si trovi in cima alla lista delle cose da vedere a Parigi, a mio parere il Rodin merita un piccolo ritaglio nel vostro soggiorno qui. Di rientro all’appartamento prendiamo una decisione un po' insolita per quanto riguarda la cena: entrare al supermercato, fare razzia di formaggi e salami francesi e lanciarci in una personalissima degustazione home made. Non potevamo fare scelta migliore.

GIORNO 5: BATOBUS, NOTRE DAME DA LONTANO, LE MARAIS E TOUR EIFFEL (ANCORA SI)

Ormai visto tutto ciò che principalmente ci interessava, decidiamo di usare questa giornata per visitare la città da un punto di vista un po' più particolare. Ci dirigiamo infatti alla fermata di batobus più vicina e facciamo un biglietto giornaliero che ci garantirà di salire e scendere quante volte vogliamo in ogni fermata di Parigi. Le barche a Parigi che forniscono servizi per turisti sono molte, comprese quelle panoramiche. Noi abbiamo optato per il batobus perché effettua fermate nei punti di maggiore interesse della città, le corse sono frequenti fino a tarda sera e il costo è ben proporzionato all’offerta. Raggiungiamo l’attracco più vicino a Notre Dame e cerchiamo di rimirarla dal punto più vicino possibile. Ad ogni mio soggiorno di solito pianifico una visita a questo monumento che ha contribuito moltissimo a farmi innamorare di questa città. Tuttavia, come di certo saprete anche voi, pochi giorni prima della nostra partenza c’è stato un terribile incendio della cattedrale, per cui non solo non ci è stato possibile farci visita, ma nemmeno entrare a Ile de la citè, isolotto dove è posizionata Notre Dame (sulla base dei miei viaggi precedenti, vi dico che la visita era tra le più belle da fare a Parigi). Dopo aver scattato qualche foto da lontano, ci riversiamo di nuovo tra le vie del quartiere Marais, dove abbiamo occasione di fare shopping a buon mercato e gustarci un bellissimo Waffle salato e uno dolce da Mon Waffle. Vi consiglio di perdervi il più possibile tra queste vie, ricche di locali alla moda, cioccolaterie boutique alternative (ho acquistato dei pantaloni stupendi in un negozio coreano da paura). Non mancano zone nascoste e suggestive come la corte dei miracoli.
Sul canale scoviamo un locale adorabile dove goderci un’orangina prima di riprendere il batobus e tornare nella zona della Tour Eiffel per scattare altre foto.  Qui scoviamo uno straordinario mercatino pasquale e veniamo nuovamente risucchiati nel vortice dello shopping. Rimaniamo fino a tarda serata per godere della bellissima vista della Tour Eiffel illuminata, uno spettacolo meravigliosamente pacchiano. Rientrati a Montmartre è giunto il tempo di salutare anche la basilica del sacro cuore, la via degli artisti e il mulino de la Galette mentre in lontananza la torre illuminata ci da la buona notte. La nostra ultima serata a Parigi è stata la più speciale e al nostro rientro in appartamento, il mio fidanzato mi sorprende con una scatola della pasticceria Pain Pain.

GIORNO 6: AUREVOIR PARIS, MON AMOUR.

La pioggia ci da il buongiorno nel nostro ultimo giorno a Parigi, il tempo è stato clemente per tutto il viaggio quindi il maltempo non rovina nulla. Procediamo con gli ultimi acquisti per i nostri souvenir a Pigalle e rientriamo per fare le valige. Prima della partenza c’è stato giusto il tempo per passare a salutare il bellissimo parco Tuileries e poi via, verso la navetta.
Per ogni attività che abbiamo fatto durante questo viaggio, ce ne sono altrettante da fare. Parigi è una città incredibile che sorprende in ogni angolo. E’ anche una città per tutti: coppie, single, comitive di amici e anche famiglie con bambini. E’ città di arte e cultura ma anche di moda e divertimento. Insomma, ce ne è davvero per tutti i gusti! E’ costosa? Ni, dipende da che tipo di vacanza cercate. Potrete comunque adattare il viaggio ad ogni vostro budget.


Visite che vi consiglio dai miei viaggi precedenti: cimitero Pere-Lachaise, Cattedrale di Notre Dame e la bellissima libreria Shakespeare.

lunedì 15 giugno 2020

RECENSIONE ANDATE TUTTI AFFANCULO (LIBRO) - ZEN CIRCUS


TITOLO: Andate tutti affanculo
AUTORE: Zen Circus e Marco Amerighi
EDITORE: Mondadori

"Qui confondono il dolore con le lacrime di gioia" (Ilenia).

Ciao a tutti lettori, scusate l’assenza ma nell’ultimo periodo ho avuto alcune cosette da sistemare. Riprendo alla grande però con questo libro “andate tutti a fanculo” degli zen circus scritto insieme all’autore Marco Amerighi. Per chi non lo sapesse gli zen circus sono un gruppo musicale italiano formatosi a Pisa negli anni 90 che negli anni ha acquisito sempre più fan ed importanza. Io mi sono appassionata alla loro musica ormai più di qualche anno fa e sono stata spesso ai loro concerti a cui partecipo sempre con molto piacere perché sono una di quelle band che dal vivo forse rende ancora più che su disco. “Andate tutti affanculo” è anche il titolo del loro primo disco inciso totalmente in italiano.
I componenti della band chiamano il romanzo la loro anti-biografia, questo probabilmente perché realtà e finzione si mescolano per tutto il libro, il quale racconta la nascita del gruppo e da dove siano nate alcune canzoni. Attraverso i vari capitoli conosceremo meglio Appino, voce e chitarra, Ufo, basso e Karim batteria ma anche tutta un’altra serie di personaggi fuori dal comune che hanno dato un contributo in qualche modo a questa band. Sullo sfondo, ma non al margine, troveremo alcuni dei momenti più significativi della storia italiana, come il G8 di Genova per esempio, che non solo ci aiutano a collocare gli avvenimenti in un preciso spazio e tempo, ma che rendono la storia ancora più caratterizzata e ci aiutano a capire qualcosina in più dei personaggi stessi. Si parlerà anche tanto di droga, eroina soprattutto e di come ha travolto la zona di Pisa.

Protagonista indiscussa del libro è lei: la musica. Musica che rapisce, attrae, emoziona e ti salva. L’essere umano è da sempre definito come un essere musicale, questo non è nuovo, il corpo stesso ha un ritmo e una musicalità tutta sua. Ma ci sono casi in cui la musica diventa davvero un’opportunità per evadere dalle realtà, per creare alternative o per alcuni addirittura per rinascere. E’ questo il caso dei nostri personaggi, a cui la musica ha regalato la possibilità di cambiare vita a tutti gli effetti.

Come dicevo all’inizio, verità e finzione si mescolano di continuo. Fin da subito il libro appare più 
come un romanzo che una vera biografia in se. Questo è un pro e contro secondo me perché se da un lato la storia è interessante e scritta in modo davvero accattivante, rendendolo una lettura adattissima anche a chi magari non è interessato al gruppo, dall’altro spesso non si riesce ad avere chiaro quanta finzione ci sia nella loro storia e quanto invece di reale. Comunque sia, tutti i personaggi del romanzo sono davvero ben descritti e si intuisce ogni singola sfumatura caratteriale. Il modo stesso di descrivere le loro emozioni o ciò che provano è molto coinvolgente tanto che spesso mi sono ritrovata a condividere i loro stessi stati d’animo con la stessa intensità. Ecco, questo è esattamente ciò che più ho apprezzato di questo libro: trasmette un’emozione. Non è scontato, soprattutto in un libro come questo da cui ci si aspetta di ottenere per lo più informazioni tecniche e non sulla nascita del gruppo. Devo dire che questo è anche il motivo per cui il libro mi ha coinvolto maggiormente: ammetto che io conosco molto bene l’insoddisfazione e la voglia di cambiamento che manifestano Appino, Ufo e Karim quindi sono riuscita ad entrare molto in empatia con loro durante la lettura ma, non solo. Mi sono sentita come se a loro volta potessero capire me. Questa sensazione sicuramente molto personale, l’avevo già provata ascoltando alcune loro canzoni, in particolare “Ilenia”. E’ come se i personaggi superassero la barriera della pagina ed entrassero davvero in connessione con il lettore. Mi sono spesso trovata a pensare “Cavolo, Appino, sai quante volte anch’io mi sono sentita come te?” oppure “allora non sono la sola a questo mondo a provare queste cose?”. Tutto ciò mi ha portato davvero a divorare il libro nel vero senso della parola, in 2 giorni o poco più.

Quindi tirando le somme, mi è piaciuto? Ve lo consiglio? Mi è piaciuto moltissimo e mi sento anche di consigliarvelo. E’ scritto bene e in modo molto scorrevole. Vi dirò di più: lo consiglio anche a chi non conosce il gruppo o a chi non ne apprezza la musica: sicuramente i fan lo adoreranno certo, ma la storia è così romanzata e ben scritta che potrebbe essere la trama di qualsiasi altro libro.

RECENSIONE UNDERGROUND (LIBRO) - MURAKAMI

TITOLO: Murakami AUTORE: Underground EDITORE: Corriere della sera Ciao a tutti lettori! Oggi ho deciso di parlarvi di “Undergrou...

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