martedì 31 marzo 2020

RECENSIONE IL CERVELLO ANARCHICO (LIBRO) – ENZO SORESI



TITOLO: Il cervello anarchico
AUTORE: Enzo Soresi
EDITORE: UTET

“In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto”.
 (ANTIFONE)

“il cervello anarchico” è un libro di di Enzo Soresi, medico chirurgo, specialista in anatomia patologica, malattie dell’apparato respiratorio e oncologia clinica. Ha pubblicato numerosi articoli nella sua carriera sia su riviste nazionali che internazionali e da qualche tempo ha fondato l’associazione Octopus, che si occupa di prevenzione. In particolare, in questo testo, presenta una serie di casi clinici piuttosto singolari, che ha incontrato durante la sua carriera e cerca di darne una spiegazione scientifica e sufficientemente logica, andando ad analizzare il legame strettissimo che esiste tra corpo e mente.

Inizialmente, può lasciare perplessi il fatto che un medico specializzato in oncologia polmonare si metta a scrivere un libro sul cervello. Io stessa devo ammettere che ho comprato questo saggio dopo aver letto titolo e sinossi, che in realtà sono un po' fuorvianti: il libro infatti non parla specificatamente di neuroscienze o almeno non nel modo in cui siamo abituati a sentirne parlare, ma si concentra di più sullo spiegare le relazioni esistenti tra i vari apparati, in particolare quella tra sistema nervoso e sistema immunitario che hanno veramente molte caratteristiche in comune e che di conseguenza si influenzano a vicenda. Questa influenza è visibile soprattutto nel momento in cui si mette in atto una determinata cura su un paziente.

I primi capitoli sono per questo abbastanza tecnici: Soresi per arrivare a spiegare le sue considerazioni e conclusioni, deve prima spiegare nel dettaglio cosa succede nel corpo e nel farlo usa dei termini e delle nozioni che ai non addetti ai lavori, diciamo così, possono risultare un po' complicati nella comprensione, però in fondo il senso generale del discorso si capisce molto bene.
Ciò che mi ha colpito di più di questo saggio, è la grande riflessione sottostante: mente e corpo condividono lo stesso spazio, sono in una stretta relazione fisiologica, quindi fanno parte di un continuum che non deve mai essere inteso come separato. Quando si cura un paziente quindi si dovrebbe tenere conto di entrambe. Ciò spiega anche, secondo l’autore, come ci sia tanta intersoggettività durante le terapie: ci sono pazienti che rispondono in modo diverso dagli altri.

Da laureata in neuropsicologia e neuroscienze, non posso che apprezzare il fatto che Soresi dedichi tanto tempo nel spiegare che si dovrebbe tenere conto del paziente in tutti i suoi aspetti e quindi anche dal punto di vista psicologico. Ogni persona ha un particolare vissuto che la rende diversa dagli altri e di conseguenza anche più o meno suscettibile a certi disturbi o malattie. Non tutte le persone inoltre reagiscono allo stesso modo nei confronti di una malattia e anche questo ha il suo peso sul risultato finale. Pensiamo anche a chi non ha nessuno vicino su cui poter contare durante la convalescenza: può intaccare la possibilità di guarigione il fatto di sentirsi sola?  

Un'altra cosa che mi ha colpito molto è l’argomento dell’effetto placebo: tutti ne abbiamo sentito parlare, chi più chi meno. Nel mio percorso universitario ne ho sempre parlato nell’ambito della ricerca ma prima di leggere questo libro, davvero non immaginavo che questo effetto potesse produrre modificazioni così grandi.

I casi clinici riportati poi sono davvero interessanti e simili a quelle bizzarrie che ogni tanto sentiamo per televisione. Chi non ha mai avuto una zia che ha fatto un viaggio a Lourdes per guarirsi da chissà che strambo disturbo? Soresi affronta anche questo argomento, con naturale pacatezza (io non ne sarei stata capace), dando interpretazioni interessanti e soprattutto scientifiche, che non sfociano nell’assurdo ma rimangono sempre nel plausibile.

Dunque, arrivando al sodo: mi è piaciuto? Molto.

Qualche modifica nel testo secondo me andrebbe fatta: nei primi capitoli si ha sempre l’impressione che l’autore stia saltando di palo in frasca e questo rallenta la lettura e la comprensione. Ma nel complesso, il senso è sempre ben chiaro.

Lo consiglio a tutti gli addetti ai lavori (medici, psicologi, neuroscienziati ecc..) ma anche a chi è curioso riguardo a questa tematica e soprattutto a chi cerca come ribattere alla zia appena tornata da Lourdes, convinta di essere guarita dalle verruche.

venerdì 20 marzo 2020

RECENSIONE (FUMETTO) BATMAN: IL RITORNO DEL CAVALIERE OSCURO- FRANK MILLER



TITOLO: Batman Il ritorno del cavaliere oscuro

AUTORE: Frank Miller

“Un dolore vecchio di tre giorni mi taglia in due la schiena. Libero dalla polvere le mie articolazioni e salgo. Una volta era più semplice”.

Il declino di una società ormai allo sbando sulle spalle di un eroe che ha dato quasi tutto per essa. E’ proprio quel “quasi” che potrebbe essergli fatale.

“Batman: il ritorno del cavaliere oscuro” è una mini serie a fumetti divisa inizialmente in quattro uscite, ambientata in una precisa epoca storica con chiari riferimenti a personaggi reali ed eventi accaduti o perlomeno che potrebbero verosimilmente accadere. Bruce Wayne, ormai cinquantenne ed in pensione, si muove in una realtà cinica ed in costante declino, dove la moralità e le lotte di classe, hanno ceduto il passo ad una sub-cultura giovanile priva di scopi, poco istruita e parecchio incline alla violenza, utilizzata spesso, come unico mezzo per ottenere ciò che si desidera. Tutto questo è personificato con grande espressività nei panni della gang dei Mutanti, un gruppo di giovani folli, dedito ad ogni tipo di crimine, che spazia dalla rapina, all’omicidio e persino lo stupro. Essi di fatto saranno la miccia che innescherà la bomba, infatti il buon vecchio Bruce non ce la farà proprio a rimanere inerme a guardare e deciderà di tornare a vestire i panni del cavaliere oscuro e questo a sua volta produrrà un effetto domino di eventi, sempre più disastrosi, che lo porteranno a scontrarsi con alcuni vecchi nemici, ma anche con degli amici, con cui ha avuto, per così dire, dei considerevoli dissapori in passato.

Questi albi si finiscono davvero in una volata: la lettura è coinvolgente ed appassionante, ma non risulta mai pesante, nonostante i temi trattati siano mediamente più elevati della gran parte delle opere a fumetto.

Frank Miller (autore anche di 300 e di Sin City) dipinge un mondo governato da una società senza speranza, che ha preso i suoi migliori campioni, li ha spremuti fino all’ultima goccia, sfruttandoli ed umiliandoli in ogni modo. Alcuni si sono adeguati, altri sono scappati, altri ancora si sono ribellati. Batman opta per il ritiro, ma questo non equivale ad un sereno pensionamento. Bruce sente dal profondo del suo animo che qualcosa non va, l’irrequietezza che l’ha portato a mascherarsi da pipistrello non si è ancora spento, anzi brucia ancora con estremo ardore nel suo cuore; sente che la sua crociata non è ancora terminata. Gli serve solo un pretesto per rimettersi in gioco e, come dicevo, glielo daranno i mutanti.

Per questo suo lavoro l’autore prende in prestito linguaggi e tematiche da generi letterali e culturali molti diversi tra loro. Si pensi a toni cupi, tipici del noir americano delle prime tavole e al climax tipico dell’epica cavalleresca con cui ci si avvicina al finale. Si pensi poi alla snervante presenza dei social media, tipico della cultura pop, che manipolano menti ed opinioni della gente comune, senza alcuna morale o riguardo per la verità, ma con l’unico scopo di far audience. In questo senso Miller, con grande intuizione, si fa un po’ profeta di ciò che succederà poi negli anni successivi. Con tutta questa commistione di generi e stili diversi Miller crea un’opera adulta che tratta tematiche impegnative e profonde adatta ad un pubblico maturo, di fatto dando un ulteriore conferma, insieme ad altri lavori dell’autore, che il genere fumettistico possa trattare anche argomenti elevati.

Consiglio agli amanti dei fumetti e non, ma a chi apprezza in particolare il personaggio di Batman.

mercoledì 18 marzo 2020

RECENSIONE ACIDO SOLFORICO (LIBRO)- AMELIE NOTHOMB



TITOLO: Acido solforico
AUTORE: Amelie Nothomb
EDITORE: Guanda


"Arrivò il tempo in cui la sofferenza degli altri non gli bastò più. Dovevano trasformarla in spettacolo"


Siamo a Parigi dove un giorno, improvvisamente, alcune persona vengono rapite e stipate in alcuni camion per essere deportate in un campo di concentramento molto simile a quelli nazisti della seconda guerra mondiale; tra queste vi è anche Pannonique, bellissima ragazza francese e una delle protagoniste del racconto, che viene catturata durante una comune passeggiata ai giardini. Ad inscenare i rapimenti però, non sono state organizzazioni segrete o militari, ma la troupe televisiva di “Concentramento” un nuovo reality show in cui i concorrenti sono obbligati a vivere come deportati senza aver dato nemmeno il loro consenso. Ad attenderli al campo vi sono cameramen pronti a filmare ogni singola immagine e altri concorrenti che avranno invece il ruolo di kapò, perfidi e crudeli; qui faremo la conoscenza dell’altra protagonista principale, Zdena, scarsamente considerata nel mondo reale, ma che in questo contesto invece sembra godere dell’ammirazione dei colleghi. Come in ogni reality show che si rispetti, anche Concentramento ha un suo televoto, attraverso cui il pubblico (vastissimo, neanche a dirlo) può votare quale deportato eliminare, o per meglio dire giustiziare.
Acido solforico” si presenta al pubblico come una storia breve e particolare: le pagine sono poco più di un centinaio e personalmente le ho lette in una giornata. Nonostante sia stato acclamato dai lettori ed abbia ottenuto recensioni altissime, io sono rimasta invece molto delusa: la trama è un copione già visto e, a mio avviso, c’è poca originalità. Forse io stessa sono partita con aspettative troppo alte vedendo il gran numero di recensioni positive.
L’idea da cui era partita era senz’altro accattivante: la storia del reality show, che richiama a tratti “1984” di Orwell, fa nascere tante considerazioni sulla nostra società odierna che viene dirottata verso una desensibilizzazione sempre maggiore. L’autrice non ha sicuramente paura di richiamare temi delicati e anche un po’ macabri e questo le fa onore; Amélie Nothomb descrive una società vuota, ipocrita, capace per business di trasformare la sofferenza in spettacolo, senza porsi troppi scrupoli; siamo sicuri, al giorno d’oggi, di essere lontani da tutto questo? Non ci giurerei troppo. Forse è proprio questo il significato di questo libro: farci vedere cosa si rischia di diventare se solo si dimentica per un attimo il valore della vita.  
Un altro quesito che sorge spontaneo in credo qualsiasi lettore scorrendo le pagine è: “Come mi sarei comportata/o io, se fossi stato al loro posto? Anch’io sarei stata/o crudele come i kapò maltrattando persone innocenti senza remore?”. Se ci pensiamo bene, sono più o meno le stesse domande che sorgono quando si sente parlare delle atrocità dell’olocausto. Non è niente di nuovo. Si, ok è un buon spunto di riflessione e avere tanti spunti di riflessione non fa mai male, ma purtroppo a mio parere questo libro non può reggere il confronto con i tanti altri che ne hanno parlato. Il finale è piuttosto scontato e i dialoghi spesso cadono nella banalità.
Il libro nel complesso è ben scritto ed accattivante: a chi piace il modo di scrivere della Nothomb, piacerà sicuramente anche questo e lo consiglio. A chi è incuriosito dalla trama invece, farebbe comunque bene a leggerlo perché ognuno ha i suoi gusti e ciò che può non piacere a me può essere bellissimo per qualcun altro, consiglio di leggere il libro “Effetto Lucifero” di Zimbardo, che purtroppo ha reso tutto questo realtà, in un angosciante esperimento nel 1971.  

★★☆☆☆

martedì 17 marzo 2020

RECENSIONE CHERNOBYL (LIBRO+SERIE)- Andrew Leatherbarrow


LIBRO

TITOLO: Chernobyl 01:23:40- La storia vera del disastro nucleare che ha sconvolto il mondo.
AUTORE: Andrew Leatherbarrow
EDITORE: Salani

"Quando la verità ci offende, noi mentiamo e mentiamo fino a quando nemmeno ricordiamo che ci fosse una verità, ma c'è, è ancora là. Ogni menzogna che diciamo, contraiamo un debito con la verità. Presto o tardi quel debito va pagato. Ecco cosa esplodere il nocciolo di un reattore RBMK, le bugie."
(Legasov- Chernobyl la serie).

La storia del disastro Chernobyl è una vicenda che da più di trent’anni desta spavento e al tempo stesso curiosità nell’immaginario collettivo. Sono ancora oggi molte le persone a domandarsi che cosa sia successo quella fatidica notte del 23 aprile 1986. Beh, leggendo il libro di Letherbarrow si scopre che non è mai stata data una versione dei fatti definitiva e universalmente accettata. Ma c’è di più! Leggendo questo libro ho scoperto che ci sono una serie di interrogativi ancora più inquietanti. Basti pensare che ad oggi non esiste un conteggio delle vittime cadute a causa dell’avvelenamento radioattivo immediatamente successivo all’incidente, ma ne esiste uno riguardante solamente l’esplosione che ha portato allo scoperchiamento del nocciolo del reattore 4 e uno della prima squadra di pompieri intervenuti sul posto. Quest’ultimi sono tutti deceduti in poche settimane tra atroci sofferenze.

Il libro segue due storie distinte: una è il report del viaggio dell’autore nella zona di esclusione e l’altra è un resoconto avvincente e romanzato, ma al tempo stesso dettagliato, dal taglio quasi documentaristico, delle vicende riguardanti l’incidente, i tentativi di insabbiamento da parte dell’Unione Sovietica e dei vari tentativi di porre rimedio alla situazione drammatica creata dalla contaminazione radioattiva dell’area di Chernobyl e Pripyat. La misura di tale disastro fu così devastante che se ne avvertirono gli effetti in tutta Europa, molti storici includono l’incidente tra le cause della caduta dell’unione Sovietica, e oltre a perdere miliardi di rubli nei tentativi di arginazione e bonifica, perse anche molto dal punto di vista della credibilità internazionale.

Insomma, il nostro autore, che va detto, di professione non è né giornalista, né scrittore, bensì è un grafico pubblicitario, confeziona un lavoro davvero pregevole, dove riesce a conformare ed amalgamare nozioni scientifiche con un linguaggio sempre accessibile e uno story telling che attira ed appassiona, per certi aspetti dai ritmi molto simile a quelli di un thriller, dove il mistero da scoprire non è altro che capire che cosa diamine sia successo quella fatidica notte di aprile!

Consiglio questo libro a tutti gli appassionati di storia contemporanea e di mistero. 
Nel frattempo, io aspetto con ANSIA il prossimo libro di Letherbarrow, che sarà sull’incidente di Fukushima, ovviamente!

★★★★☆

Mini-serie televisiva

TITOLO: Chernobyl
AUTORE: Craig Mazin

La serie tratta degli eventi intercorsi dalla notte dell’incidente, fino al processo (per certi aspetti farsa), in cui il consulente nominato dal direttivo centrale sovietico, Valerij Legasov, esegue un dettagliato resoconto dei fatti e delle sviste che hanno portato all’esplosione, passando per i processi di bonifica e contenimento, che hanno coinvolto migliaia di persone, centinaia di mezzi e un numero infinito di risorse.

Anche la serie come il romanzo è un lavoro di qualità, che fa della sua forza l’intreccio tra una narrazione serrata, dai ritmi incalzanti e dai risvolti intriganti, e un resoconto dai toni documentaristi dei fatti accaduti. Quest’ultima componente viene resa molto verosimilmente dal personaggio di Legasov, interpretato magistralmente dall’attore britannico Jared Harris, che ne ha studiato accuratamente gesti e posture.

Ormai l’HBO, il noto canale televisivo americano, è diventato sinonimo di produzioni di livello. Le ultime serie, che ho avuto l’occasione di guardare di questa casa produttrice (Games of throne, Watchmen, True detective…), non le ho solo trovate appassionanti ed intriganti, ma anche prodotti estremamente godibili a livello di cura dei particolari e qualità espressiva.

lunedì 16 marzo 2020

RECENSIONE HONEYMOON (LIBRO) -BANANA YOSHIMOTO


TITOLO: Honeymoon
AUTORE: Banana Yoshimoto
EDITORE: Feltrinelli


“Pensai che il cuore di quella cosa chiamata persona, che accogliendo dentro di sé diversi paesaggi, si trasforma attimo per attimo come il mare al tramonto, è meraviglioso.”


Manaka, ragazza giovane, ama trascorrere le sue giornate nel giardino ben curato della sua casa, a pochi passi dall’abitazione di Hiroshi e di suo nonno, con il quale ha condiviso gran parte della sua vita, prima come amici e poi come sposi. Entrambi sono tipi particolari: lei solitaria e tranquilla, lui chiuso, introverso, timoroso e che vive in modo angoscioso anche solo l’idea di spostarsi di casa. Il lettore non deve aspettare molto per scoprire che il giovane è stato abbandonato da entrambi i genitori, fuggiti in America per seguire una strana setta dalle usanze macabre. Il loro rapporto sembra non essere per niente intaccato dallo scorrere del tempo e la loro vita trascorre serena e tranquilla almeno fino alla morte del nonno di Hiroshi. Questo sarà l’evento che porterà scompiglio nelle loro vite e li porterà a rivelarsi verità scottanti.

Honeymoon” è un libro leggero e piacevole, il racconto di una storia d’amore particolare che si snoda su un’altalena perenne di sentimenti contrastanti, tra eventi positivi e negativi. L’autrice si serve della storia per affrontare moltissimi temi, tra i quali il lutto, l’elaborazione della sofferenza e il rapporto di coppia. Tanto spazio è dato inoltre alla tematica dello scorrere del tempo e dei cambiamenti che si è perciò costretti ad accettare per poter proseguire nella propria vita.

Oltre a Manaka e Hiroshi, sono pochissimi i personaggi che prendono parte alla narrazione, quasi a non voler distrarre il lettore dall’aspetto principale del racconto, che è la relazione tra i due coniugi. E’ la giovane sposa in prima persona a descrivere i dettagli di questa relazione, mettendone in luce i pregi, ma soprattutto le perplessità. Il rapporto tra i due infatti non può essere descritto come l’amore bollente e sconvolgente che di solito accomuna le coppie giovani, ma piuttosto come un legame che esiste da sempre, che non conosce alternative, un amore che si avvicina di più al normale affetto tra fratello e sorella. Lo stesso titolo “Luna di miele”, si discosta notevolmente dal suo significato canonico di amore passionale e carnale da coppia appena sposata, che in qualche occasione è oggetto di invidia da parte di Manaka nei confronti degli altri ragazzi.

Il rapporto tra Manaka e Hiroshi è unico, in alcuni momenti sfiora addirittura la dipendenza, ma nonostante un’intera vita trascorsa insieme, la giovane donna non può dire di conoscere del tutto suo marito. E’ palese infatti che Hiroshi mantiene dei segreti.

Non è il primo libro che leggo della Yoshimoto e sicuramente non sarà l’ultimo. Personalmente adoro perdermi nelle sue descrizioni fatte di paesaggi, culture, tradizioni e costumi lontani dall'occidente: è difficile per me spiegarvi la tranquillità che provo mentre leggo storie come questa, che raccontano momenti di vita comune, quasi banali, senza colpi di scena eclatanti e ricercati. Per questa ragione, consiglio questo libro a chi cerca una lettura leggera, senza troppi fronzoli. Se invece cercate una lettura avventurosa o ricca di suspense, aspettate le prossime recensioni.

★★★★☆


domenica 15 marzo 2020

RECENSIONE KAFKA SULLA SPIAGGIA (LIBRO) - MURAKAMI




TITOLO: Kafka sulla spiaggia
AUTORE: Murakami
CASA EDITRICE: Enaudi


“Tu hai paura del potere dell’immaginazione. E ancora di più hai paura dei sogni. Hai paura della responsabilità che potrebbe cominciare nei sogni. Però non puoi evitare di dormire, e se dormi i sogni verranno. Quando sei sveglio, puoi anche riuscire a controllare l’immaginazione. Ma non puoi mettere a tacere i sogni.”


In questo romanzo, Murakami racconta parallelamente la storia di due personaggi: Tamura Kafka che il giorno del suo quindicesimo compleanno, prende la decisione ormai meditata da tempo di scappare di casa, e Nakata, tranquillo vecchietto reso stupido da un incidente misterioso accaduto quando era solo un bambino ma che in compenso lo ha reso capace di parlare e comprendere il linguaggio dei gatti. Il giovane Kafka (pseudonimo da lui scelto durante la fuga), scappa in particolare da suo padre, famoso scultore dal carattere difficile, e da una profezia sempre da lui lanciatogli che ricorda molto la medesima subita dall’Edipo re nell’omonima tragedia. Anche il vecchio Nakata, quasi nello stesso momento, è costretto ad abbandonare la sua casa e le sue abitudini, ma in questo caso per fuggire dalla scena di un tremendo delitto; Attraverso percorsi paralleli che non tarderanno a sovrapporsi, entrambi i personaggi avanzano in direzione di Takamatsu in cerca di un luogo sicuro e di risposte, finendo per ritrovarsi di fronte al loro destino.
I personaggi seminati lungo i capitoli sono tantissimi e tra i più improbabili: ci sono persone, spiriti viventi ma, soprattutto, gatti! I gatti sono un elemento cruciale di questo romanzo perché agiscono come veri e propri aiutanti dei protagonisti (in particolare di Nakata) e i loro dialoghi alleggeriscono molto la narrazione, che diventa a tratti giocosa; vogliamo parlare poi della mia reazione, da vera gattara, di fronte alla prima scena con gatto parlante?! Credo di aver pensato un qualcosa come “ADORO”!

Ciò che più ho adorato di questo libro, è come Murakami giochi con i due protagonisti della vicenda, mettendoli in continuo contrasto tra di loro; infatti, se da una parte abbiamo Tamura Kafka, un quindicenne che mostra una maturità e un livello culturale pari ad un adulto, dall’altra c’è Nakata, un vecchio che non ha mai potuto maturare e che in fondo è rimasto un bambino ingenuo. Per entrambi però questa fuga sarà l’occasione per trasformarsi, maturare ed uscirne completamente cambiati, rimettendo in ordine il naturale andamento delle cose.   

“Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. Sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia.”

Kafka sulla spiaggia” è un racconto molto particolare, diverso da tutte le letture che ho fatto finora; un romanzo tanto bello quanto difficile da descrivere perché estremamente complesso. Fin dai primi capitoli, è complicato riuscire a distinguere ciò che è reale da ciò che invece esiste solo nella fantasia dei personaggi o, per usare uno dei termini cardine di questa narrazione, nei loro sogni. Sembra dunque che al lettore venga chiesto di lanciarsi in questo viaggio onirico, senza necessariamente seguire le leggi del mondo fisico, e semplicemente lasciarsi trasportare dalla lettura. Infatti ciò che accade in un sogno può avere ripercussioni anche sulla storia reale.
Nonostante la complessità, una volta iniziata la lettura è praticamente impossibile abbandonarla: la trama è coinvolgente e la curiosità di capire come si sarebbe concluso il tutto, mi ha tenuta sveglia a leggere fino a tarda notte.

Una cosa comunque è certa: è impossibile concludere questo libro senza sentirsi culturalmente arricchiti; numerosissimi infatti sono le citazioni e i riferimenti letterari e musicali seminati tra le pagine, messi in bocca ai personaggi stessi, che talvolta si lanciano in veri e propri duelli filosofici, richiamando i maggiori esponenti della filosofia occidentale.

Ciò che invece non ho apprezzato è il finale: senza fare spoiler, la conclusione del libro, così come molti altri aspetti, sono lasciati alla libera interpretazione del lettore. Non c’è cosa che odio di più e lo dico così fuori dai denti. Per carità, è bello che il lettore abbia spazio per fantasticare su possibili scenari alternativi piuttosto che un finale secco e obbligato, però suvvia, Murakami qualcosina in più poteva dircela! Certi passaggi non sono proprio così intuitivi come lui vuole farci credere (o almeno non lo sono stati per me), a meno che ciò non fosse proprio il suo obiettivo. Avvicinandomi alle ultime pagine, pensavo infatti che si facesse chiarezza su molte questioni accennate tra i capitoli, ma ciò non è accaduto e quindi sono rimasta un pò con l'amaro in bocca. 

Per concludere quindi, “Kafka sulla spiaggia” mi è piaciuto; una volta terminato avevo forse più domande che risposte e non posso dire nemmeno di aver colto tutto, ma è un romanzo che è riuscito a coinvolgermi totalmente e di cui, come ogni buon libro, ho sentito un po' la mancanza una volta terminato. 

E' un libro che va gustato, leggendolo piano piano per assaporarne ogni pagina e cogliere ogni spunto di riflessione messo in luce dall'autore.

Tuttavia non consiglio questo libro a tutti. Lo stra-consiglio a tutti coloro che amano lo stile di Murakami e che magari hanno già letto qualche altro suo scritto o a chi apprezza la filosofia. Non lo consiglio a chi cerca una lettura leggera, o a chi necessita di una storia con trama e ruoli nitidi.   


★★★★☆

sabato 14 marzo 2020

RECENSIONE WATCHMEN (GRAPHIC NOVEL+ FILM+ SERIE TV) – MOORE, GIBBONS


GRAPHIC NOVEL

TITOLO: Watchmen
AUTORE: Moore e Gibbons

Mai fu scritto di eroi così odiosamente umani

Un superuomo, capace di ogni cosa, in grado di manipolare spazio e tempo, prigioniero della solitudine a cui lo relega il suo status di individuo dai poteri straordinari. Una donna di mezza età che pensa, nostalgica, ai fasti di un tempo, in cui nei panni di una super eroina faceva la cosiddetta “propria parte” facendo letteralmente a cazzotti con dei brutti ceffi e l’archetipo della donna relegata in casa a badare i figli; ma quelli erano altri tempi ed ora si ritrova sola, alcolista, con una marea di rimpianti e scheletri nell’armadio. Un altro paladino, socialmente disturbato, che non si rassegna ai cambiamenti e al passare del tempo; additato come paranoico ed ossessivo.

In un mondo ucronico alla deriva, sull’orlo di una crisi nucleare, dove un incidente alla dottor Stranamore, può decidere l’apocalisse atomica e un orologio che segna le 23.58 ne scandisce l’imminenza, Alan Moore (scrittore) e David Gibbons (disegnatore) tratteggiano un gruppo di eroi disfunzionali, moralmente distrutti e corrotti che difficilmente sarà in grado di salvare il mondo. Che poi la vera questione, che si insinua nel lettore mentre passa da una tavola all’altra, è: davvero questo mondo caotico, corrotto ed ingrato merita di essere salvato?

Questa graphic novel, si legge tutta di un fiato nei suoi 12 albi. La consiglierei a chiunque, anche a chi non ha molta confidenza con vignette e didascalia, perché linguaggio e temi sono universali e, ahimè, ancor oggi piuttosto attuali. A testimonianza della grandiosità e genialità, racchiusa in queste pagine, troviamo ben due riconoscimenti straordinari per quel che molti potrebbero banalmente definire un “fumetto”. Watchmen è l’unica opera a disegni ad aver vinto un premio “Hugo” ed è stata inserita dalla rivista “Times” tra i 100 migliori romanzi dal 1923. Un consiglio per rendere la lettura ancor più immersiva è leggere ascoltando le canzoni, che lo stesso Moore cita, catapultandosi con maggiore vividezza in quelle ambientazioni inventate, ma quel tanto che basta realistiche, da renderle inquietantemente plausibili. L’opera infatti fa divertire ed appassionare, ma offre innumerevoli spunti di riflessione sulle contraddizioni e le idiosincrasie del genere umano ricorrenti nei nostri tempi.
Una menzione particolare va fatta anche su Gibbons, il disegnatore, colui che è riuscito a rendere la profonda sofferenza ed inquietudine dei personaggi con un tratto pulito e semplice in una classica griglia a nove quadri senza troppi virtuosismi o fronzoli. Gli va inoltre dato il merito di aver costruito un ambiente favorevole alla trasposizione di un’intensa narrativa strizzando l’occhiolino al simbolismo tanto caro al suo amico Alan. Si pensi alla ricorrenza dello smile e dell’orologio.
Insomma, lo sciamano (ebbene sì, Moore è un esperto occultista) e il disegnatore erano parecchio ispirati a quell’epoca e dal loro incontro non poteva che nascere qualcosa di veramente buono!


FILM
TITOLO: Watchmen
REGISTA: Snider

Il film, uscito nel 2009, per la regia di Zac Snyder, per quanto l’abbia apprezzato, non può che lasciare un po’ delusi per alcune scelte stilistiche di sviluppo della trama. Non voglio entrare nell’annosa questione dell’impossibilità di mettere un intero libro dentro un film di comunque due ore abbondanti, ma mi riferisco a cambiamenti di trama, a mio avviso troppo drastici rispetto all’originale. Forse l’intento del regista era rendere il prodotto più attuale per avere una maggiore presa nel pubblico di fine anni 2000. Tuttavia, secondo me, è stata una scelta poco felice e poco rispettosa nei confronti di un’opera con ambientazioni ben studiate ed inquadrate in quegli anni ’80 un po’ veri un po’ inventati. Va fatta menzione di un elemento curioso, che spesso passa inosservato: i titoli di testa. Beh, sono stupendi! In quell’intro sulle note di “The time they are a changin” di Bob Dylan, Znyder riassume parte degli eventi avvenuti prima di quelli che andranno narrati durante il film. Davvero Geniale! Bravo Zac! Anche se non ti perdono alcuni cambiamenti! Il mio consiglio comunque è di lasciar perdere il film e rimandare la visione a dopo la lettura, apprezzerete molto di più certe scene! Se non volete incorrere nelle ire dello sciamano allora abbandonate completamente i propositi di visione! Moore non è mai stato un sostenitore delle trasposizioni cinematografiche dei suoi lavori; si pensi a “V for vendetta” e “The legue of extraordinary gentlemen”


SERIE TV

IDEATORE: Lindelof

La serie TV è il lavoro più recente, infatti è uscita nel 2019, e per questo motivo non sono riuscita ancora a formulare un parere completo (l’ho vista una volta sola e vi lascio solo immaginare quanto volte abbia visionato gli altri lavori…).

Per prima cosa va precisato che si tratta di un sequel ambientato a circa trent’anni di distanza. Già questa scelta non va sottovalutata, perché è molto più semplice far partire un lavoro da dove era stato interrotto, ma è anche altrettanto facile scadere nella banalità e ripetitività. Quindi il punto di partenza è senz’altro promettente e la storia risulta senza dubbio fresca e nuova, nonostante mantenga un ben radicato legame col lavoro originale.

Devo dire che l’impatto è leggermente caotico, perché mette sul fuoco tantissima carne sin dalle prime puntate e si fa un po’ fatica a seguire la trama; tuttavia, una volta che si riescono a mettere insieme tutti i fili, si ha la sensazione di aver a che fare con un’opera in grado almeno di competere con i suoi predecessori per qualità o perlomeno per intenti. Staremo a vedere se ci saranno altre stagioni. Intanto ricomincio a guardarla perché la miniserie della HBO (Games of throne, True Detective) mi ha molto entusiasmata e vorrei formulare un giudizio più rotondo e completo.

venerdì 13 marzo 2020

RECENSIONE (LIBRO + FILM): COME DIO COMANDA – NICCOLO’ AMMANITI


LIBRO




TITOLO: Come Dio comanda
AUTORE: Niccolò Ammaniti
CASA EDITRICE: Mondadori


“Semplice: io non ho paura di morire. Solo chi ha paura muore facendo stronzate come camminare su un ponte. Se a te di morire non te ne frega niente puoi stare tranquillo che non cadi. La morte se la piglia coi paurosi. E poi non posso morire. Almeno fino a quando non lo deciderà il Signore. Non ti preoccupare, il Signore non vuole che ti lasci solo. Io e te siamo una cosa sola. Io ho te e tu hai me. Non c’è nessun altro. E quindi Dio non ci dividerà mai.”


Come Dio comanda” è la storia di Rino Zena e di suo figlio Cristiano, entrambi legati da un amore magico, unico ma allo stesso tempo contorto e morboso. Rino, tradito da una società che non gli offre niente di più che un magro stipendio in nero, si presenta come un uomo cupo e arrabbiato che vive di espedienti e si fa promotore di una giustizia tutta sua che cerca di inculcare costantemente al figlio, finendo solamente per educarlo al razzismo e alla violenza. Di certo gli amici che li circondano non hanno meno problemi: 4 formaggi, vittima di un indicente con i fili dell’alta tensione e da allora rimasto menomato, e Danilo Aprea che non ha mai realmente superato la morte della figlia e il divorzio da sua moglie. Anche i pochi personaggi inseriti nella trama, che dovrebbero almeno seminare qualche tipo di aiuto, non riescono minimamente a risollevare la situazione: è questo il caso di Trecca, l’assistente sociale che da anni marca stretto Rino, minacciandolo di togliergli la custodia del figlio. Tuttavia, anche quest’ultimo è talmente assorto dai suoi problemi esistenziali (e a parer mio sull’orlo di un burnout!) da non riuscire a portare un concreto aiuto a questa famiglia, che continua perciò a condurre un’esistenza ai limiti della sopravvivenza. Un giorno allora, ecco che Rino, Danilo e 4 formaggi, decidono di dare una svolta alle loro vite: scassinare un bancomat. Ovviamente, come già potete immaginare, la vicenda prenderà una piega totalmente inaspettata.

I fatti si svolgono in una città immaginata dall’autore che si rivela fin dalle prime pagine, come una sorta di scenario desolato, quasi post-apocalittico; l’incarnazione perfetta del detto che era sempre solita dire mia nonna “qui ciascun per sé e Dio per tutti”, perché in fondo ciò che cercano e invocano i personaggi del libro, incastrati in quest’intreccio ingarbugliato di esistenze architettato da Ammaniti, è proprio Dio: chi per una spiegazione, chi per un miracolo e chi per capire cosa fare. Tanti sono i personaggi che agiscono in nome di Dio, cercando solo una giustificazione per le loro scelte individuali.

Mi piacerebbe dilungarmi molto di più sulla trama, ma finirei davvero con il rivelare tutto.

Come Dio comanda” è un romanzo noir dalla trama intensa e surreale. Il punto forte di questo romanzo è sicuramente la suspance che sale di pagina in pagina e certi capitoli davvero si divorano in pochi minuti. Le scene si alternano velocemente e le descrizioni dei luoghi, dei personaggi, delle vicende, dei rumori sono così dettagliate, tanto che in certi momenti ho avuto l’impressione di essere lì con loro. Lo stile si può definire camaleontico, in quanto si adatta perfettamente al personaggio protagonista del capitolo: la narrazione infatti segue il linguaggio tipico di ciascuno dei personaggi.

Il finale, neanche a dirlo, è originale e in un certo senso inaspettato: quando pensavo di aver capito esattamente come sarebbero andate a finire le cose, ecco che Ammaniti rimescola le carte in tavola e distrugge ogni mia convinzione. Del resto, è proprio questo che ho sempre amato dei suoi libri!

Personalmente, il personaggio che più mi ha colpita è Rino: se all'inizio, ad ogni suo dialogo, pensavo solo a quanto lo avrei preso a schiaffi se me lo fossi ritrovato di fronte nel mondo reale, lungo i capitoli ho imparato a conoscerlo e persino apprezzarlo. Di pagina in pagina infatti, Rino assume le sembianze di un antieroe, il personaggio cattivo, che alla fine davvero cattivo non è, perché per quanto possa essere rozzo, arrogante e con idee discutibili, anche lui è capace di amare e ci sono crimini sui quali non riesce proprio a scendere a compromessi.

Concludendo, “Come Dio Comanda” mi è piaciuto? Assolutamente sì, TROPPO e lo consiglio a tutti coloro che apprezzano il genere noir e anche ai lettori di thriller. Non lo consiglio invece a chi cerca letture “leggere” perché comunque Ammaniti ha la tendenza a costruire atmosfere cupe e a loro modo deprimenti, che possono rendere la lettura pesante.

⭐⭐⭐⭐⭐

FILM
REGISTA: Gabriele Salvatores
ANNO DI USCITA: 2008

Come già potete immaginare, il film di “Come Dio Comanda”, riporta numerose differenze con il libro. Ovviamente quando si adatta un prodotto da un media all’altro, ci sono inevitabilmente delle differenze date da tante questioni diverse. Paragonare lo stesso prodotto in due versioni differenti è possibile fino ad un certo punto, ma ci proverò lo stesso perchè secondo me ne vale la pena.

Per prima cosa, dimenticatevi l’idea della rapina al bancomat: infatti mentre nel libro tutta la narrazione ruota intorno a questo evento, nel film non viene nemmeno nominata. Ci si concentra invece di più sulla relazione tra Rino e Cristiano, che viene rappresentata in modo stupefacente dagli attori Filippo Timi e Alvaro Caleca, e sul personaggio di 4 formaggi.

Ciò che mi è dispiaciuto del film è stato il taglio di alcuni dei personaggi che nel libro sono tra i principali: la storia di Danilo Aprea è completamente tagliata mentre Trecca, l’assistente sociale, è relegato per lo più ad una comparsa e sembra inserito per scopi logistici più che per la trama in sé. Questo mi è dispiaciuto molto perché erano entrambe due storie molto belle e alle quali mi ero affezionata. E’ una scelta che però posso comprendere e credo dovuta a quelle difficoltà di adattamento tra un media e l’altro di cui facevo riferimento all’inizio dell’articolo: descrivere e riprodurre tutto minuziosamente come ha fatto Ammaniti, avrebbe richiesto ore e ore di registrazione probabilmente e un film di certo non può durare 20h. Anche se ammetto che questo potrebbe essere lo spunto per lanciare una serie TV.

Ma torniamo al nostro film.

Una cosa che davvero ho apprezzato è la scelta della location. Il film infatti è stato completamente girato in Friuli che è riuscito a dare corpo a quei luoghi nebbiosi, freddi e pieni di pioggia rappresentati dal romanzo. Non si discostano molto da come io stessa mi ero immaginata lo sfondo della narrazione mentre leggevo.

La scelta degli attori e la loro rappresentazione è stata azzeccata secondo me: 4 formaggi sembra uscito dal libro e preso la forma di Elio Germano durante la recitazione.

Per concludere, a me personalmente il film di “Come Dio comanda”, è piaciuto. Sì, i tagli sono stati sofferti, alcune scene sarebbero state a mio parere da approfondire, ma diciamo che tutto viene bilanciato dall’aver dato vita a dei personaggi così come compaiono nel libro. Se devo rispondere alla fatidica domanda “ma ti è piaciuto più il libro o il film??” vi risponderò ovviamente LIBRO(!!!) ma perché ci sono elementi che me lo hanno fatto apprezzare di più (è vero, quel taglio dei personaggi proprio non riesco a digerirlo, maledizione) e non perché il film sia un cattivo prodotto. Se devo dare la mia opinione, consiglierei di leggere prima il libro e vedere poi il film, soprattutto a chi interessa il genere noir; a chi ha già visto il film ed è indeciso se leggere o meno il libro, io consiglio di farlo, perché comunque ci sono molte scene tagliate o non approfondite, davvero interessanti che vale la pena leggere.

Siete d'accordo con me? O no? Scrivetemelo nei commenti!

giovedì 12 marzo 2020

RECENSIONE (LIBRO): DIECI PICCOLI INFAMI- SELVAGGIA LUCARELLI

DIECI PICCOLI INFAMI- SELVAGGIA LUCARELLI




TITOLO: Dieci piccoli infami: gli sciagurati incontri che ci rendono persone peggiori.
AUTORE: Selvaggia Lucarelli.
CASA EDITRICE: Rizzoli


“[…] finalmente lo posso dichiarare nero su bianco, senza vergognarmi della mia meschinità: no, non vi ho perdonato, belli miei.”


Dieci piccoli infami” raccoglie e racconta i dieci incontri che, a dire dell’autrice Selvaggia Lucarelli, le hanno cambiato la vita, rendendola più..…stronza?! Non avendoli mai perdonati la scrittrice dedica ad ognuno di loro un capitolo di questo libro, lanciandosi in una descrizione pungente e senza filtri. Non risparmia nessuno, dalla sua ormai ex migliore amica delle elementari, al primo ragazzo che ha osato rivolgersi a lei con il tanto temuto termine “signora”.

Sebbene la trama possa sembrare sempliciotta, è il modo di raccontare gli eventi della Lucarelli ciò che è davvero interessante: un linguaggio semplice, comprensibile da chiunque ma carico di quell'ironia ricercata e non banale che ti spinge a continuare la lettura, anche se il finale dei racconti lo si è spesso già intuito dalla prima riga del capitolo. Gli eventi raccontati infatti fanno parte di quella quotidianità spiccia, comune un po' a tutti che, se da un lato rischia di far cadere in un contenuto noioso e già visto, dall'altro è il pretesto per rendersi conto che, siamo tutti sulla stessa dannata barca! Dopotutto chi non è mai inciampato nella propria vita, in un parrucchiere eccessivamente zelante che gli ha rovinato il taglio di capelli, senza perdonarlo nemmeno a distanza di anni?! (Io subisco ancora oggi gli effetti della permanente SBAGLIATA fattami due anni fa e la parrucchiera in questione, no, non l’ho ancora perdonata!). Il risultato di questo libro quindi è la descrizione di uno spaccato di vita vera in cui chiunque finalmente può riconoscersi, cogliendo l’occasione semplicemente per riderci su!

Personalmente ho sempre apprezzato Selvaggia Lucarelli, per la sua autoironia e per la sua scrittura sincera e divertente. Dieci piccoli infami è un libro leggero, che si legge in una manciata di giorni (io l’ho finito in meno di 2 giorni), che ci fa sorridere e all'occorrenza anche riflettere.  

Consigliato.

★★★★☆

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