domenica 24 maggio 2020

RECENSIONE TUTT'ALTRO CHE TIPICO (LIBRO)- NORA BASKIN


TITOLO: Tutt’altro che tipico
AUTORE: Nora Baskin
EDITORE: Uovonero

"Mia madre vuole aiutarmi. Vuole che io sia felice. E io credo che mia madre voglia aggiustarmi. Vuole che sia più simile a lei, anche se lei non sembra poi tanto felice per la maggior parte del tempo. E se non può aggiustarmi, vuole almeno potersi spiegare perché sono così. Allora sta cercando un motivo. Un motivo che possa spiegare quello che sono.
Potrebbe essere:
Il mercurio nel vaccino trivalente
Un cromosoma capriccioso
Un gene mutante
Troppo burro di arachidi mangiato durante il primo trimestre
Insufficiente ossigeno durante il parto
Insufficiente burro di arachidi (esiste una cosa simile?)
Fumare durante la gravidanza (ma mia madre non fuma)
Forse è l'inquinamento dell'aria, o i fertilizzanti nelle verdure, o gli ormoni nel latte, le piogge acide, il riscaldamento globale. Forse sono le radiazioni emesse dalla televisione. O il microonde. O forse sono soltanto io."

Ciao a tutti, qualche giorno fa ho terminato la lettura di “Tutt’altro che tipico” di Nora Baskin. Ho deciso di parlarvene perché l’autismo è un tema che mi è molto caro: l’ho studiato a fondo e ci lavoro ormai da qualche anno. La sensibilizzazione in questi casi non è mai troppa, quindi se posso, perché non promulgare qualche lettura che possa aiutare qualche classe o qualche famiglia che si ritrova a dover affrontare questo tema ma non sa da dove partire?
Tutt’altro che tipico” è il racconto di Jason, un ragazzino adolescente a cui da bambino è stata fatta la diagnosi di autismo. Le persone che lo circondano sono neurotipiche e spesso è faticoso per Jason sopperire alle loro richieste, molte delle quali non comprende. Jason però è riuscito a ritagliarsi un pezzetto di mondo tutto suo, pieno di lettere che formano parole e che a loro volta formano bellissimi racconti che Jason pubblica con entusiasmo su un sito dedicato alla scrittura: storyboard. E’ proprio qui che fa la conoscenza di PhoenixBird, una ragazza che come lui ama postare i suoi racconti sul sito nel tentativo di migliorare la sua scrittura. Jason inizia a fantasticare su come possa essere la ragazza nascosta dietro a quell’interessante nickname, desideroso di poterla un giorno incontrare. Ma se PhoenixBird non fosse in grado di vedere oltre il suo disturbo? Jason non è sicuro di voler correre questo rischio.
“Tutt’altro che tipico” è un romanzo per ragazzi e non solo (sono giovane è vero, ma non così tanto purtroppo) che ci mostra il mondo attraverso gli occhi di un protagonista d’eccezione: è proprio Jason in prima persona che ci racconterà ogni cosa, dal rapporto con i suoi familiari alle giornate stressanti a scuola. Lo fa in prima persona perché il suo scopo è quello di farci immedesimare in lui, capire il suo punto di vista: non poteva esserci scelta più azzeccata.
I temi affrontati sono quelli dell’amicizia, della famiglia e della disabilità. Vengono spiegati con un linguaggio semplice e intrigante (perché effettivamente alcuni avvenimenti si colgono ma non sono descritti nei minimi dettagli). Ciò che più ho apprezzato in particolare è come viene affrontato il rapporto tra Jason e la madre: viene descritto questo tipo di amore insolito che non viene manifestato con gesti eccessivamente affettuosi o con grandi discorsi. E’ un amore spesso fatto di silenzi, di sensazioni, di comprensione reciproca: Jason non salta al collo della madre baciandola né tanto meno la riempie di parole dolci però questo non significa che non le voglia bene esattamente come ogni altro ragazzino della sua età anzi, le è davvero legato. Ci sono parti del libro che stringono il cuore dove Jason intuisce che la madre si sentirebbe più a suo agio se si comportasse in modo “normale” quando si trovano in pubblico in mezzo ad altre persone, non è lei a chiederglielo ma è facilmente intuibile da come lo guarda o come si comporta, però lui non può farlo, non riesce a non essere sé stesso e questo gli dispiace non tanto per lui, ma per sua mamma. Jason intuisce che i genitori vorrebbero aiutarlo, guarirlo, ma non possono e questo spesso è frustrante: è bello pensare di poter risolvere ogni problema della persone che amiamo, ma non sempre è possibile.
Ho trovato questo romanzo sufficientemente realistico e non è facile quando si parla di disabilità. Mi è capitato di leggere libri al riguardo che peccavano di eccessivo buonismo: il ragazzo disabile all’inizio del libro è snobbato, guardato con distacco, preso in giro ma ecco che alla fine tutti gli sono amici, lo adorano, tutti vogliono giocare con lui. L’utopia è dolce e attira il mercato, ma la realtà è un’altra cosa e in questo caso, a mio avviso, viene spiegata bene
. Motivo in più per consigliarvi questo libro!
Concludendo il libro mi è piaciuto? Si e lo consiglio a tutti i ragazzi e adulti interessati all’argomento. Potrebbe essere un buon punto di partenza per sviluppare l’argomento in una classe scolastica o perché no, all’interno di una famiglia che ne ha l’esigenza.


venerdì 22 maggio 2020

RECENSIONE COME DIVENTARE BUONI (LIBRO)- NICK HORNBY



TITOLO: Come diventare buoni
AUTORE: Nick Hornby
EDITORE: Guanda

"Il trucco sta tutto nel tenere alla larga il rimpianto."

Ciao a tutti lettori, oggi vorrei parlarvi di “Come diventare buoni” dell’autore Nick Hornby.
Katie è una donna che pensa di essere una persona davvero buona: ha scelto di fare il medico per aiutare il prossimo, è una moglie fedele e una madre affettuosa che cerca sempre di insegnare dei sani principi ai suoi due figli. Il marito David è esattamente l’opposto invece: è sempre piuttosto nervoso, impreca e cura una rubrica sul giornale locale dove si è autoproclamato “l’uomo più arrabbiato della città” dove ogni giorno sceglie un argomento di cui lamentarsi (come per esempio gli anziani che prendono l’autobus o il teatro). I due si trovano ad affrontare una crisi matrimoniale che si basa fondamentalmente su questo e sul fatto che entrambi non sono più felici. Questa linea s’interrompe quando Katie inizia una relazione con un altro uomo e tradisce il marito, finendo poi per confessarglielo. David improvvisamente cambia, capisce che la sua vita non può continuare in questo modo e dedica tutto sè stesso nel cercare di diventare buono.

Ed ecco che arriviamo al grande interrogativo che emerge da questo libro: come si fa a diventare buoni? Quando una persona si può definire buona?

Tutti i personaggi all’interno della storia attribuiscono alla parola bontà un significato tutto loro. Katie pensa di essere buona semplicemente perché è un medico, mentre secondo David bisogna fare qualcosina in più, quindi lo vedremo lanciarsi in campagna eccessive e buoniste come cercare di far adottare ad ogni famiglia del quartiere un senza tetto o regalare tutti i giocattoli dei figli. Ci sarebbe tanto altro da dire sulla trama ma non vado oltre perché altrimenti vi direi tutto e non ha senso che poi lo leggiate.

Come diventare buoni” è un romanzo pungente e cinico dalla trama originale. Quanti libri avete letto in cui i protagonisti sono sposati e stanno affrontando una crisi matrimoniale? Io ne ho contati almeno 5 ma nessuno di quelli che ho letto si avvicina a questo. Qui il tema trito e ritrito della crisi coniugale fa da sfondo ad una critica sociale molto più ampia della borghesia inglese piena di frasi ipocrite e buoniste. David da un giorno all’altro decide di diventare buono portando cibo ai barboni, donando tutti i soldi che ha nel portafogli ai mendicanti e altre cose del genere e così facendo sua moglie Katie non può far altro che rendersi conto che non basta essere un medico per essere definiti buoni, ma bisogna dimostrarlo in tanti modi. Quindi chi è il vero cattivo nella storia?

Oltre a questa riflessione però (e all’alta dose di Humor inglese che io adoro e per questo continuo a leggere Hornby), il libro non è che mi sia piaciuto moltissimo. I personaggi sono davvero detestabili, tutti quanti, nessuna eccezione nemmeno per i bambini. Non si sopportano nemmeno tra loro quindi come potrei farlo io? Katie ripete davvero le stesse cose almeno 30 volte e poi ci sono delle situazioni in cui l’autore si è dilungato davvero troppo rendendo la lettura un po' piatta e noiosa. Un vero peccato perché i presupposti per un bel libro c’erano tutti e mi dispiace: la trama è davvero carina.
Quindi concludendo: mi è piaciuto? Ni, un po' si e un p’ no. Direi 2 stelle e mezzo.  

domenica 17 maggio 2020

RECENSIONE A SUD DEL CONFINE A OVEST DEL SOLE (LIBRO) - MURAKAMI



TITOLO: A sud del confine a ovest del cuore
AUTORE: Murakami
EDITORE: Feltrinelli

“La nostra memoria e le nostre sensazioni sono troppo incerte e unilaterali e quindi, per provare la veridicità di alcuni fatti, ci basiamo su una "certa realtà". Ma quella che per noi è realtà, fino a che punto lo è davvero e fino a che punto è quella che noi percepiamo come tale? Spesso è addirittura impossibile distinguere tra le due. Quindi, per ancorare nella nosra mente la realtà e provare che sia tale, abbiamo bisogno di un'altra realtà attigua che possa relativizzare la prima.”

Ciao a tutti, eccomi qua a parlare di “a sud del confine a ovest del sole” dell’amatissimo autore Murakami.

Hajime è un comune uomo giapponese che vive a Tokyo con la moglie e le figlie che ama tantissimo. Di recente ha coronato anche il suo sogno: aprire un jazz bar tutto suo. In questo presente appagante tuttavia si ritrova spesso a pensare al suo passato e a Shimamoto. Hajime non ha vissuto un’infanzia particolarmente entusiasmante: essendo figlio unico in un momento in cui in Giappone tale condizione non era vista di buon occhio e quindi criticata dalla società, da bambino si è sempre sentito diverso dagli altri, trovando conforto nel rapporto con Shimamoto, amica e compagna di scuola, con la quale condivideva le sue passioni più grandi tra cui appunto la musica. Il ricordo di Shimamoto è però avvolto in sentimenti imprecisi e malinconici. Hajime ha sempre l’impressione che sarebbe potuto nascere qualcosa tra loro ma purtroppo così non è stato e il fatto di aver perso i rapporti con lei col passare degli anni lo rattrista molto. Ecco che però, all’improvviso Shimamoto riappare e questo cambierà per sempre la vita di Hajime.

“A sud del confine a ovest del cuore” è un romanzo delicato e introspettivo in cui troverete ben poca azione. Il libro infatti segue ed analizza i sentimenti e i dubbi più nascosti del protagonista Hajime che cerca di comprendere il suo passato per riuscire a collegarlo a quello che è il suo presente, di cui non è più tanto sicuro.

Devo dirvi la verità, questo protagonista non è che mi sia sempre piaciuto: è molto concentrato su se stesso ed egoista e non riesce ad esserne sempre consapevole quindi lo vedremo combinare qualche danno qua e là tra i capitoli. Però, così come tutti i personaggi di Murakami è davvero ben caratterizzato e coerente durante tutto il corso della storia.

Non c’è molto altro da dire sul libro in realtà, perché è tutto qui. Se vi dicessi qualcosa in più sulla trama finirei per fare degli spoiler inutili, quindi eviterei.

A sud del confine a ovest del sole” è un romanzo leggero e semplice. Descrive una storia d’amore? Forse a suo modo si, ma in realtà è più concentrato sulle turbe del protagonista quindi non lo definirei un romanzo rosa sicuramente. E’ un libro che sicuramente non spicca tra le opere di Murakami che è diventato famoso per storie decisamente più intense, però se vi piace il genere vale la pena leggerlo.

RECENSIONE SEMINA IL VENTO (LIBRO)- ALESSANDRO PERISSINOTTO

TITOLO: Semina il vento
AUTORE: Alessandro Perissinotto
EDITORE: Piemme

"I signori dell'odio siedono in comodi scranni parlamentari o in grandi palazzi ricchi e ornati; si illudono di poter usare quell'odio in dosi medicinali, magari omeopatiche, e poi di riuscire a controllarlo, come una terapia che dovrebbe distruggere solo le cellule malate. Ma l'odio non si controlla; l'odio rompe gli argini e dilaga, si alimenta di se stesso e travolge tutto: il ventesimo secolo ce l'ha insegnato, ma noi non abbiamo imparato nulla. Chi semina il vento raccoglierà tempesta."

Eccoci qua lettori. Oggi vorrei parlarvi di questo libro: “Semina il vento” di Alessandro Perissinotto. Ho letto questo libro ormai parecchi anni fa, quando ero in terza o quarta superiore, perché partecipai al concorso bancarella e lo scelsi come lettura da recensire, quindi in sostanza questa è la seconda recensione che faccio a questo libro.

Il racconto parte con Giacomo Musso, un maestro di 35 anni recluso in un carcere di massima sicurezza del nord Italia. Su di lui pesano delle accuse piuttosto gravi che lo riterrebbero coinvolto nella morte della moglie Shirin. Su consiglio dell’avvocato, Giacomo inizia quindi a raccogliere in un diario la serie di eventi che lo ha condotto in quella situazione. Giacomo in realtà inizia il racconto da molto prima della morte della moglie, parte infatti dal raccontare il periodo in cui si sono conosciuti: entrambi abitavano a Parigi e, mentre lui era originario di un paesino molto piccolo del nord italia, Shirin è di origine iraniana. La ragazza però è una donna molto emancipata, ha un lavoro ben retribuito, frequenta le spiagge nudiste e si sente libera di fare ciò che vuole, senza rendere conto a nessuno nemmeno ad una religione in particolare. Nasce un amore folle, incredibile, che li travolge e li spinge a sposarsi. Tutto è apparentemente perfetto finchè non decidono di andare a vivere nel paese di Giacomo, in Italia: un paese piccolo, di poche anime, molto legato alle tradizioni e anche purtroppo piuttosto ottuso. E’ qui che le cose inizieranno a prendere una direzione complicata.

Semina il vento” è un romanzo molto delicato che tratta tematiche che, nonostante siano passati alcuni danni dalla sua pubblicazione, rimango molto attuali. Si parla infatti di razzismo, di odio e difficoltà ad accettare l’altro, soprattutto quando si tratta di religione. Tutte queste tematiche vengono calate all’interno di questo paesello in nord Italia che, e mi duole molto dirlo, ricorda vagamente anche quello in cui sono cresciuta io e che penso rispecchi la realtà di tanti paesi in giro per l’Italia senza fare differenze tra nord e sud.

Una parola molto utilizzata all’interno del libro è “tradizione”. L’odio o il razzismo di molti dei personaggi del libro infatti si cela dietro questa parola. Perché? Perché qualsiasi tentativo da parte dei due protagonisti di proporre qualcosa di “alternativo”, moderno, o semplicemente più laico all’interno del paese verrà solo interpretato come un tentativo di spogliarlo dalle proprie tradizioni che sono li belle fossilizzate da anni. Ecco quindi che “diverso” all’interno del libro diventa un appellativo non solo per chi è straniero o per chi ha una religione diversa, ma anche per chi si definisce semplicemente laico o per chi, ancora peggio, ha solo un’opinione che si discosta da quella delle altre persone. Questo nel libro viene accentuato anche dall’uso ricorrente del dialetto del luogo, che è un particolare aggiunto secondo me originale e ben studiato per far passare ancora di più questo concetto di chiusura.

Semina il vento” mi è piaciuto molto. E’ una bellissima storia d’amore che fa da sfondo ad una realtà ancora oggi presente. Il linguaggio è scorrevole e il libro è articolato in modo tale da far crescere la curiosità del lettore pagina dopo pagina fino ad arrivare ad un finale un po' scontato: una pecca purtroppo è proprio questa. Lo consiglio un po' a tutti e si traggono moltissimi spunti di riflessione: una, non scontata ahimè, è che non tutti i seguaci di religioni diverse dalla nostra sono vittime da salvare. Di crociate ce ne sono state anche troppe, meglio dedicarsi a qualcos’altro.

RECENSIONE BROKEN (LIBRO)- DANIEL CLAY


TITOLO: Broken
AUTORE: Daniel Clay
            

“Ma la dura realtà è che se non fate le scelte giuste in questi anni (...) allora probabilmente resterete per sempre quello che siete una volta arrivati ai venticinque anni.”

Ciao a tutti lettori, oggi vi parlo di “Broken” dell’autore Daniel Clay. (Date uno sguardo alla copertina per favore, non è meravigliosa?!).

Il libro inizia con Skunk, la protagonista, in coma in un letto di ospedale, con il padre che le chiede di svegliarsi. Quindi partiamo già un po' strong. Ciò che segue non è altro che il racconto di tutti gli eventi che hanno fatto si che lei finisse in questa condizione. La causa vera e proprio la scopriremo molto più tardi, praticamente alla fine del libro (Non temete perché non sarà affatto banale). Ma chi è Skunk? E’ una bambina di 11 anni che vive in un quartiere della periferia inglese, insieme al padre, al fratello maggiore, con cui ha un bellissimo rapporto, e la tata. La sua vita è fatta di sogni, tanta immaginazione e un futuro tutto da scoprire. Purtroppo, l’ambiente in cui vive è il covo dell’illegalità e del disagio. A fare da padrone nel quartiere dove vive è una bizzarra famiglia capitanata da un padre tossico che campa di espedienti e le sue 5 figlie, bulle nate che creano scompiglio in tutta la città. Dal suo letto di ospedale Skunk cerca di capire la spirale di eventi che ha sconvolto il quartiere e la sua vita, svelandoci pian piano il mistero che l’ha messa in questa situazione.

Broken” è un romanzo intrigante da leggere tutto d’un fiato. La trama è accattivante, ha un ritmo incalzante e scorrevole.

Una cosa che mi è piaciuta tantissimo del libro è che c’è una sorta di effetto farfalla, per cui le scelte di ciascun personaggio si ripercuotono sugli altri creando un vortice di eventi irreparabile e che non è possibile fermare. I personaggi che entrano in scena sono moltissimi quindi gli intrecci che si creano sono davvero tanti e anche abbastanza intriganti.

Un’altra cosa che ho apprezzato davvero tanto del libro è la contrapposizione che l’autore ha creato tra l’innocenza e l’ingenuità di Skunk e l’ambiente meschino e ottuso che la circonda. Se ne vedono di tutti i colori, dalla violenza fisica e psicologica, al furto e al bullismo, ma è sempre possibile cogliere la dolcezza e l’amore che sta dentro a tutte le cose. Ci sono dei momenti che secondo me sono carinissimi in cui Skunk torna a casa da una brutta giornata (magari è stata inseguita dai bulli o ha ricevuto una brutta notizia) e si mette in camera con il fratello a giocare ai videogiochi e questo sembra riparare tutto.

Chicca finale, secondo me, è il monologo della protagonista che incontriamo alla conclusione del romanzo. In moltissimi libri c’è una parte in cui si cerca di toccare le corde altissime di chissà quale filosofia parlando di amore, giustizia e del senso della vita, ottenendo come unico risultato un pippone infinito di cui è difficile anche afferrare il senso generale figuriamoci degli spunti di riflessione. Ecco qui invece, almeno sempre secondo me, l’autore riesce a toccare le note giuste dando una buona conclusione al libro e tenendoci con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.

Quindi arrivando in conclusione, il libro mi è piaciuto? Molto. Il genere è quello che mi piace, il libro ha una lunghezza giusta (circa 300 pagine) e la trama è coinvolgente. A tratti mi ha ricordato i libri di Ammaniti e chi mi segue da un po' sa quanto io lo adori. Ho cercato su internet qualche altro parere e sono stata triste nel constatare che in realtà non se ne parla molto, quindi andate subito a leggerlo!!

RECENSIONE SOFFOCARE (LIBRO)- CHUCK PALAHNIUK


TITOLO: Soffocare
AUTORE: Chuck Palahniuk
EDITORE: Mondadori

“Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso.”

Ciao a tutti lettori, oggi vorrei parlarvi del libro “Soffocare” di Palaniuk. L’autore ha un modo di scrivere molto particolare e molto crudo soprattutto, chi ha letto i suoi libri lo saprà. Il suo stile o si ama o si odia, non ci sono molte vie di mezzo. A me personalmente piace, anche perché le storie di cui parla sono sempre abbastanza particolari ed è difficile trovare qualcosa di banale, per questo ho deciso di parlarvene e di iniziare da Soffocare, che è stato per me il primo approccio a Palaniuk.
Victor Mancini è un giovane americano, studente di medicina fallito con un lavoro arrangiato da cui riesce a ricavare un piccolo stipendio. Nella sua assurda esistenza fatta di incontri per sesso-dipendenti e vivendo alla giornata, Victor ha però trovato un modo molto ingegnoso di guadagnare il denaro necessario a mantenere la retta dell’ospedale dov’è ricoverata la madre. Ogni sera infatti, si reca in uno dei tanti ristoranti di lusso della città dove finge di soffocare con il cibo per farsi salvare dal primo animo nobile presente in sala, potremmo anche chiamarlo malcapitato di turno. L’intento di Victor è molto subdolo: far nascere nel salvatore un sentimento fortissimo di pietà e gratitudine che induca il malcapitato nel sentirsi in obbligo ad inviargli periodicamente dei soldi.
E’ Victor in prima persona a renderci partecipe del suo racconto crudo e sincero che descrive la vita di un uomo in perenne bilico emotivo. Appare come un uomo egoista, cinico e forse apparentemente incapace di provare sentimenti che invece nasconde un profondo disagio e una ricerca disperata di amore.  
L’autore si focalizza molto sul rapporto tra Victor e la madre. Al momento della narrazione la madre di Victor è in punto di morte: è molto anziana e vive in questo ricovero pagato dal figlio. Però Victor ci racconterà tra i capitoli il suo passato, come è cresciuto e il rapporto ambivalente con la madre. Non viene descritta come una donna dal forte istinto materno, tanto è vero che Victor ripete più volte che lei è la causa di tutti i suoi mali. Eppure lui sembra sempre alla perenne ricerca del suo amore e del suo affetto.
Arrivando alla conclusione Soffocare mi è piaciuto, non è tra i miei libri preferiti ma sicuramente è una lettura che vi consiglio. E’ un buon mix tra dramma ed ironia come più o meno tutti i libri di Palaniuk. Certo è che non è per tutti, il linguaggio è molto diretto e crud, ma se non avete mai avuto un approccio con questo autore vale la pena tentare.

RECENSIONE TI PRENDO E TI PORTO VIA (LIBRO)- AMMANITI



TITOLO: Ti prendo e ti porto via
AUTORE: Ammaniti
EDITORE: Mondadori

“..perchè nella vita le cose passano sempre, come in un fiume. Anche le più difficili che ti sembra impossibile superare le superi, e in un attimo te le trovi dietro le spalle e devi andare avanti. Ti aspettano cose nuove.”

Ciao a tutti, oggi ho deciso di parlarvi di un libro per me molto speciale: “ti prendo e ti porto via” di Niccolò Ammaniti. Ho adorato questo libro e lo considero forse uno dei migliori libri tra quelli scritti da Ammaniti. Non l’ho recensito fino ad ora per una sorta di timore reverenziale, perché sentivo di dover fare ancora un po' di pratica prima di parlarvi del mio libro preferito.

Ischiano Scalo, un paese di periferia pieno di paludi, è teatro di due differenti storie d’amore che sbocciano parallelamente. La prima è tra due adolescenti Pietro e Gloria che frequentano la stessa classe a scuola ma che provengono da due realtà molto differenti tra loro: Gloria, che è anche una ragazzina brillante e molto spigliata, è la figlia di un direttore di banca e la sua famiglia è molto ricca mentre Pietro che al contrario appare come un ragazzino timido, introverso che cerca sempre di sfuggire dai bulli del quartiere che lo perseguitano, proviene da una famiglia di pastori, povera e anche piuttosto ignorante(tra l’altro il padre viene descritto anche come un mezzo psicopatico). A questi due si affiancano altri due personaggi principali, l’uno esattamente l’opposto dell’altra: Graziano è un musicista sciupafemmine che ritorna senza una lira al suo paesino natale dopo tanti anni (che è lo stesso dove vivono Gloria e Pietro) per leccarsi le ferite della sua ultima delusione d’amore, mentre Flora, che è anche l’insegnante di Pietro e Gloria, è una donna solitaria e misteriosa, che ha annullato se stessa e le sue ambizioni per prendersi cura della madre gravemente malata. Tra questi personaggi che sono in apparenza così lontani, nasce un’irresistibile attrazione che li spinge a cercarsi. Nel libro ovviamente sono disseminati altrettanti personaggi che abitano Ischiano Scalo e che si muovono intorno a loro dando un contributo alla storia.

“Ti prendo e ti porto via” non è una banale storia d’amore, quindi dimenticatevi gli stereotipi del classico romanzo rosa. E’, secondo il mio modesto parere, un modo molto più realistico di vedere l’amore. Nella storia in fin dei conti si possono distinguere due tipologie di amore che bene o male tutti affrontiamo nella vita. C’è quello tra Pietro e Gloria che è tutto una scoperta, un sentimento che c’è, esiste, che sicuramente è più di un’amicizia ma che ancora si fa fatica a descrivere e lo si idealizza. Poi, dall’altro lato vediamo quello tra Graziano e Flora che invece è un tipo di amore adulto, consapevole, da vivere con calma e attenzione perché la fregatura è sempre dietro l’angolo e il passato ancora brucia. Il linguaggio stesso con cui è scritto è piuttosto crudo e non lascia nulla all’immaginazione.

Le vicende dei personaggi non solo avvengono parallelamente ma si intrecciano in continuazione. Il paese descritto è anche piccolo quindi è una realtà dove più o meno si conoscono tutti e tutti sanno tutto di tutti. La narrazione si alterna quindi nei vari personaggi e una cosa che ho apprezzato tanto è la presenza di side story, cioè brevi storie fini a se stesse inserite penso per dare più corposità e profondità al contesto. Ammaniti utilizza spesso questa tecnica nei suoi libri ma qui secondo me è ancora più riuscita perché attraverso queste piccole storie autoconclusive che riguardano altri personaggi che circondano i protagonisti, ci caliamo in tutto e per tutto nel libro. Io sono arrivata ad un punto tale per cui sembrava che l’intera storia si svolgesse vicino a casa mia.

Anche in questo libro Ammaniti da vita a dei protagonisti completi sia dal punto di vista delle descrizioni fisiche che dal punto di vista psicologico. Io personalmente mi sono legata moltissimo al personaggio di Pietro che cerca di scrollarsi in tutti i modi dalle sue origini, tentando di riscattarsi in qualche modo, sognando un futuro diverso e lontano. Cerca di trarre il meglio da ogni opportunità che gli si trova di fronte anche se piccola, come per esempio Gloria. Ma gli ostacoli sono sempre dietro l’angolo e questi ostacoli non sono solo i bulli, ma spesso e volentieri anche la sua famiglia purtroppo.

Concludendo quindi, “ti prendo e ti porto via” non solo mi è piaciuto, ma mi è piaciuto così tanto da diventare uno dei miei libri preferiti. E’ il primo libro che consiglio quando qualcuno in cerca di letture mi interpella. Lo consiglio a tutti perché comunque credo che sia un romanzo che si legge molto bene indipendentemente dal genere di lettura a cui una persona può essere legata. Però tenete sempre a mente che lo stile di Ammaniti è il noir e le cose non sempre scorrono lisce e rilassate quindi…non abbassate mai la guardia.

RECENSIONE CERCANDO ALASKA (LIBRO)- JOHN GREEN



TITOLO: Cercando Alaska
AUTORE: John Green
EDITORE: Rizzoli

“Che cavolo vuol dire "morte istantanea"? Niente è istantaneo. Il riso istantaneo è pronto in cinque minuti, il budino istantaneo in un'ora. Ho i miei dubbi che un istante di dolore accecante sembri particolarmente istantaneo.”

Premetto che scelsi questo libro tanti anni fa incuriosita dal titolo e che mi ero talmente tanto incaponita nel volerlo con questa copertina, che ho dovuto aspettare tantissimo prima di trovarlo e poterlo leggere. Quindi le aspettative erano abbastanza alte.
Miles è un adolescente solitario e molto colto a cui piace collezionare le ultime parole dei più noti personaggi della storia. Decide di lasciare casa sua per iscriversi ad un collegio molto prestigioso in Alabama, dove aveva già studiato anche il padre ma non ha molti amici da lasciarsi alle spalle quindi molla tutto senza troppe lacrime, molto emozionato di iniziare la ricerca del suo Grande Forse, da intendersi come una svolta diciamo. Qui riesce inaspettatamente a fare amicizia molto facilmente, in particolare con il suo compagno di stanza (che chiamano tutti il Colonello) e la sua piccola compagnia. Sarà lo stesso Colonello a presentargli Alaska, una ragazza bellissima, intraprendente, esuberante, brillante ma anche estremamente enigmatica. Miles rimarrà talmente colpito da Alaska da esserne quasi ossessionato, in senso buono ovviamente. Non è di certo un romanzo che parla di stalking o roba simile, però percepiamo tra le pagine quanto Miles sia attratto da questa ragazza, tanto da voler conoscere ogni cosa sul suo conto.
“Cercando Alaska” è un romanzo dalla trama accattivante che incuriosisce già dall’impostazione delle pagine: il libro infatti si articola in un prima e un dopo, quindi appena iniziamo a leggere intuiamo che prima o poi dovrà avvenire qualcosa che stravolge la storia di base. Un fatto che però avviene superata da un bel po' la metà del libro e al quale il lettore in fondo già si prepara.
Tuttavia, nonostante la trama incuriosisca molto e sia anche accattivante, il libro mi ha un pochino delusa. Le tematiche trattate sono circa quelle presenti in quasi tutti i libri che leggo ma in questo caso, non mi sono arrivate. Come se la maggior parte dei fatti raccontati nel libro non mi abbiano trasmesso nulla. Non sono riuscita a calarmi nei personaggi, a prendere il loro punto di vista o a trovare un qualcosa che potesse connetterci. In gran parte dei capitoli mi sono resa conto di non essere legata più di tanto alla narrazione: capivo cosa stesse succedendo ma non mi toccava più di tanto, eccetto forse in qualche momento.
Non lo so, mi è mancato qualcosa. Forse abituata ai drammi in stile Ammaniti, ormai non mi scuote più nulla. Non so.
Comunque, tirando le somme, il libro non mi ha colpito, però non mi sento nemmeno di farne una recensione del tutto negativa. Penso anzi, che sia molto adatto per lettori adolescenti o per chi cerca comunque una lettura leggera.

Recensione Acciaio- Silvia Avallone





TITOLO: Acciaio
AUTORE: Silvia Avallone
EDITORE: Rizzoli


“In realtà c'era un sacco di gente che era uscita pensando di trovare l'America in un pattinodromo, e che poi si era trovata più sola che a casa”

Ciao a tutti, eccomi qua per parlarvi di un libro che mi è piaciuto moltissimo: “Acciaio” di Silvia Avallone. Anna e Francesca sono due adolescenti di 14 anni, legate da un’amicizia così solida da farle sembrare praticamente sorelle. Le due ragazze vivono a Piombino in uno dei palazzi che il comune ha messo a disposizione per le famiglie degli operai che lavorano nelle fabbriche metallurghiche, un mondo crudo, ignorante e povero. Le famiglie si snodano tra debiti, lavori pesanti, litigi e malattie. Anna e Francesca passano giornate intere ad immaginare e progettare il loro futuro lontano da lì, magari sull’isola d’Elba o magari da altre parti, ma comunque lontano da lì, dalle loro famiglie. Sognano di diventare famose, una nel mondo della televisione e l’altra invece, estremamente intelligente, spera di fare carriera e diventare ricca e potente. Entrambe sono bellissime, quasi le più belle tra tutte le ragazze di via Stalingrado (quartiere di fantasia ideato dall’autrice). Loro ne sono molto consapevoli e spesso sfruttano questa bellezza per aprirsi al mondo degli adulti, felici di farsi guardare dagli uomini e invidiare dalle altre ragazze. La loro vita sembra scorrere tranquilla (per quanto si possa definire tranquilla la situazione in cui vivono) fino a quando qualcosa nel loro rapporto muta, cambiandolo per sempre.

“Acciaio” è un romanzo duro e delicato al tempo stesso. Ammiro l’abilità dell’Avallone nel mettere tanti personaggi nella storia e riuscire a dare senso alla presenza di ognuno di loro: non è affatto semplice! Tutte le storie dei personaggi sono terribilmente intrecciate e le scelte di uno ricadono a catena sulle sorti di un altro, rendendo la trama ancora più intrigante.

Alcune parti del libro battono sull’ovvietà di molti stereotipi presenti su chi vive nelle case popolari o comunque in situazioni di degrado. Alcune scene descritte tra i capitoli sono storie che ciascuno di noi sono sicura avrà sentito alla televisione o per chiacchere di paese. Per molti questo potrebbe essere un punto a sfavore, mentre vi dirò che per quanto riguarda me, tutto ciò ha reso la lettura più apprezzabile: per certi versi “Acciaio” è uno spaccato di vita reale, di quella che può comprendere chiunque e a portata di mano di tutti. In tante descrizioni ho rivisto la mia infanzia insieme ad Anna e Francesca: io non abito in un quartiere popolare ma in un paese di compagna molto piccolo lontano dall’intrattenimento di una grande città, quindi anche per me, la massima ebrezza d’estate era andare alla fiera del paese, che aspettavo con ansia ogni anno, per ascoltare la musica e ammirare i ragazzi più grandi.

Un altro motivo per cui ho apprezzato il libro sono le parti descrittive delle acciaierie di Piombino: wow. Penso che l’autrice davvero non avesse potuto renderle meglio. Le descrizioni sono così dettagliate e realistiche che mi sembrava di essere li ad ammirarle atterrita. Non avrei mai pensato di poter apprezzare così tanto la descrizione di una fabbrica!

Arrivando al sodo, “Acciaio” mi è piaciuto moltissimo. Sicuramente qualche difetto c’è: io stessa avrei apprezzato una maggiore caratterizzazione di alcuni personaggi secondari che compaiono qua e là nel libro ma poi spariscono improvvisamente. Il racconto è abbastanza crudo e non particolarmente felice, quindi qui vige lo stesso monito usato per Ammaniti: vietato ai deboli di cuore!

RECENSIONE UNDERGROUND (LIBRO) - MURAKAMI

TITOLO: Murakami AUTORE: Underground EDITORE: Corriere della sera Ciao a tutti lettori! Oggi ho deciso di parlarvi di “Undergrou...

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