TITOLO: Acciaio
AUTORE: Silvia Avallone
EDITORE: Rizzoli
“In realtà c'era un sacco di gente che era uscita pensando di trovare l'America in un pattinodromo, e che poi si era trovata più sola che a casa”
Ciao a tutti, eccomi qua per parlarvi di un libro che mi è
piaciuto moltissimo: “Acciaio” di Silvia Avallone. Anna e Francesca sono due
adolescenti di 14 anni, legate da un’amicizia così solida da farle sembrare
praticamente sorelle. Le due ragazze vivono a Piombino in uno dei palazzi che
il comune ha messo a disposizione per le famiglie degli operai che lavorano
nelle fabbriche metallurghiche, un mondo crudo, ignorante e povero. Le famiglie
si snodano tra debiti, lavori pesanti, litigi e malattie. Anna e Francesca
passano giornate intere ad immaginare e progettare il loro futuro lontano da
lì, magari sull’isola d’Elba o magari da altre parti, ma comunque lontano da
lì, dalle loro famiglie. Sognano di diventare famose, una nel mondo della
televisione e l’altra invece, estremamente intelligente, spera di fare carriera
e diventare ricca e potente. Entrambe sono bellissime, quasi le più belle tra
tutte le ragazze di via Stalingrado (quartiere di fantasia ideato
dall’autrice). Loro ne sono molto consapevoli e spesso sfruttano questa
bellezza per aprirsi al mondo degli adulti, felici di farsi guardare dagli
uomini e invidiare dalle altre ragazze. La loro vita sembra scorrere tranquilla
(per quanto si possa definire tranquilla la situazione in cui vivono) fino a
quando qualcosa nel loro rapporto muta, cambiandolo per sempre.
“Acciaio” è un romanzo duro e delicato al tempo stesso.
Ammiro l’abilità dell’Avallone nel mettere tanti personaggi nella storia e
riuscire a dare senso alla presenza di ognuno di loro: non è affatto semplice! Tutte
le storie dei personaggi sono terribilmente intrecciate e le scelte di uno
ricadono a catena sulle sorti di un altro, rendendo la trama ancora più
intrigante.
Alcune parti del libro battono sull’ovvietà di molti
stereotipi presenti su chi vive nelle case popolari o comunque in situazioni di
degrado. Alcune scene descritte tra i capitoli sono storie che ciascuno di noi
sono sicura avrà sentito alla televisione o per chiacchere di paese. Per molti questo
potrebbe essere un punto a sfavore, mentre vi dirò che per quanto riguarda me,
tutto ciò ha reso la lettura più apprezzabile: per certi versi “Acciaio” è uno
spaccato di vita reale, di quella che può comprendere chiunque e a portata di
mano di tutti. In tante descrizioni ho rivisto la mia infanzia insieme ad Anna
e Francesca: io non abito in un quartiere popolare ma in un paese di compagna
molto piccolo lontano dall’intrattenimento di una grande città, quindi anche
per me, la massima ebrezza d’estate era andare alla fiera del paese, che
aspettavo con ansia ogni anno, per ascoltare la musica e ammirare i ragazzi più
grandi.
Un altro motivo per cui ho apprezzato il libro sono le parti
descrittive delle acciaierie di Piombino: wow. Penso che l’autrice davvero non
avesse potuto renderle meglio. Le descrizioni sono così dettagliate e
realistiche che mi sembrava di essere li ad ammirarle atterrita. Non avrei mai
pensato di poter apprezzare così tanto la descrizione di una fabbrica!
Arrivando al sodo, “Acciaio” mi è piaciuto moltissimo. Sicuramente
qualche difetto c’è: io stessa avrei apprezzato una maggiore caratterizzazione
di alcuni personaggi secondari che compaiono qua e là nel libro ma poi
spariscono improvvisamente. Il racconto è abbastanza crudo e non
particolarmente felice, quindi qui vige lo stesso monito usato per Ammaniti:
vietato ai deboli di cuore!
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