TITOLO: Pigmeo
AUTORE: Chuck Palahniuk
EDITORE: Mondadori
“La vera
intelligenza viene fuori quando smetti di citare gli altri”.
Ciao a tutti lettori, oggi ho deciso di parlarvi di “Pigmeo”
dell’autore Chuck Palahniuk. Preparatevi perché è sicuramente un libro
particolare.
La trama è la seguente: l’agente numero 67, o “Pigmeo” come
lo chiamano gli altri, è un ragazzino straniero che approda negli Stati Uniti
nell’ambito di un programma di scambio tra studenti, insieme a molti altri suoi
concittadini. Tutti quanti vengono inseriti in famiglie ultracattoliche
bianchissime che rientrano (almeno in apparenza) nello stereotipo della famiglia
felice del mulino bianco. Quello che queste famiglie non sanno è che in realtà
stanno ospitando sotto il loro tetto dei terroristi, arrivati in America solo
con la scusa di uno scambio scolastico, ma con l’intenzione di compiere un
attentato. Lungo i capitoli (che altro non sono che dei resoconti trascritti da
Pigmeo in prima persona e diretti al suo quartier generale) scopriremo che lui
e gli altri agenti sono stati educati dai loro superiori con un odio spietato
ed esagerato nei confronti degli americani.
Ovviamente Palahniuk sfrutta questa trama per ricavarne una
satira della società americana di oggi: tanto razzismo, celato ovviamente sotto
a kg e kg di finto buonismo, violenza, consumismo e fondamentalismo religioso.
Certe scene sono talmente ciniche e ridicole tanto che risulta difficile non
lasciarsi andare a qualche bella risata.
I personaggi, così come il resto della trama, sono
caricature che rispecchiano pienamente un qualche tipo di stereotipo: avremo il
bullo di scuola che in realtà ha avuto solo un’infanzia difficile, la casalinga
perfetta che nasconde oggetti erotici nello scantinato e pensiamo allo stesso
Pigmeo, il classico straniero che proviene da uno stato totalitario e fatalità
è un terrorista. Quindi gli stereotipi ci sono tutti e anche se un po'
banalotti, vengono resi in modo così caustico e simpatico da far scappare una
risata a chiunque.
Arriviamo alla grande pecca (nonché genialata) di questo
libro: il modo in cui è scritto. Il linguaggio è stentato, come quello che
dovrebbe essere effettivamente il modo di parlare di un ragazzo straniero
appena approdato in un nuovo paese. Il fatto che oltretutto debba essere un
report, lo rende ancora più schematico. Sicuramente è un dettaglio
originalissimo, non ho letto altri libri scritti in questo modo, sicuramente
esistono ma non è una metodica così frequente. Aiuta a calarsi nella trama,
questo sicuramente, perchè a tratti è come se il lettore sentisse parlare
Pigmeo davanti a sé, ma (e questo è un grandissimo MA) rende davvero difficile
la lettura. Ho letto in internet di tante persone che sono arrivate a circa 60
pagine e poi hanno abbandonato il libro. Devo essere onesta: ho pensato anch’io
di abbandonarlo ma la trama a mio parere merita e mi sono imposta di andare
avanti e terminarlo. Non potevo fare scelta migliore anche se probabilmente non
ho capito proprio tutto.
Comunque sia la trama è ben sviluppata e piuttosto dinamica,
incuriosisce il lettore fino alla fine. Il linguaggio è spinto ma questo è
abbastanza tipico dell’autore, noto per non lasciare davvero nulla
all’immaginazione. È sicuramente un romanzo che non annoia.
Quindi, tirando le somme, il libro mi è piaciuto? Si, il
libro mi è piaciuto, anche se ha richiesto un certo sforzo in termini di
concentrazione. Ho riso tanto e credo che questo sia decisamente un punto a
favore dell’autore. Non è un libro che consiglio a tutti: il linguaggio spinto può
non piacere e il modo in cui è scritto anche. Non tutti hanno voglia di
concentrarsi così tanto per leggere un libro. Se vi interessa Palahniuk come
autore, vi consiglio di leggere prima qualche altro titolo e poi di provare con
questo.
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